Intervista a Giuseppe Piana (ANCE): "Il nostro sogno? Una Catania sicura e rigenerata"

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CATANIA – Rigenerare il tessuto urbano partendo da una delle maggiori criticità del nostro territorio. Ovvero quel rischio sismico che preoccupa Catania più di ogni altra città in Italia. E la visione illustrata da Giuseppe Piana, presidente provinciale dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili), nel corso della conversazione con Hashtag Sicilia. Una carriera divisa tra l’impegno associativo e l’impresa di famiglia – la Megares,  giunta alla quarta generazione e specializzata in restauro monumentale – l’ingegnere Piana è specializzato nel settore dei lavori pubblici. Un settore quanto mai importante per la nostra città.

Presidente Piana, da più parti si parla di ripartenza dell’edilizia e di tutto il comparto delle costruzioni, che come sappiamo è stato fortemente penalizzato dalla crisi. Questa ripartenza è in atto anche in Sicilia e nella nostra città?

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Assistiamo a segnali incoraggianti che ci fanno ben sperare per il futuro. Non è solo il settore edilizio ad essere stato penalizzato. E’ tutto il sistema-Paese ad essere messo in ginocchio quando l’edilizia si ferma. Forse oggi iniziamo a vedere la luce in fondo al tunnel. Ed è proprio questo il momento di tornare alle nostre priorità. Riqualificazione e ricostruzione dei centri cittadini, adeguamento al rischio sismico ed efficientamento degli edifici.

Il tema è quanto mai attuale. Negli ultimi anni diversi terremoti hanno devastato l’Italia centrale, provocando migliaia di vittime e la distruzione di intere città.

Nell’ultimo mezzo secolo il Governo italiano ha speso oltre 3 miliardi l’anno solo per riparare i danni degli eventi sismici. Se intervenissimo prima salveremmo la vita, la storia, gli insediamenti produttivi. E non dobbiamo pensare che si tratti di cose lontane da noi. Come hanno evidenziato diverse ricerche, Catania è la città a più alto rischio sismico in Italia. Il terremoto più devastante nella storia del Paese è quello che si abbatté su di noi nel 1693. Se un simile evento catastrofico avvenisse oggi, le vittime sarebbero oltre 160.000. Una prospettiva di fronte alla quale abbiamo il dovere di intervenire, a partire dalla ridefinizione di alcuni parametri incomprensibili.

A quali parametri si riferisce?

Malgrado la pericolosità sismica del nostro territorio sia nota da secoli, Catania risulta soltanto “zona sismica 2”. Una classificazione evidentemente insufficiente, che non consente di accedere al sisma bonus per l’acquisto di case antisismiche. Grazie ad una norma del 2017, nei Comuni di “zona sismica 1” è possibile usufruire di una detrazione fino all’85% per chi acquisti un immobile antisismico derivante da una demolizione e ricostruzione. Stiamo chiedendo al Governo nazionale e regionale di intervenire affinché Catania sia inquadrata nella giusta fascia sismica e possa accedere anche a questo tipo di agevolazioni, oltre ai regolari eco bonus e sisma bonus.

Quali sono gli edifici sui quali è necessario un intervento?

Si tratta di tutta la fascia di abitazioni costruite dall’immediato Dopoguerra fino al 1981, quando vennero introdotto le prime norme in materia di sicurezza sismica. Su questi edifici – che peraltro insistono su zone ricche della nostra città, tra cui Corso Italia – sono necessari interventi importanti di riqualificazione e in taluni casi di demolizione e ricostruzione. Questi edifici rappresentano l’86% del patrimonio immobiliare catanese.

E’ vero dunque che tendenzialmente è più sicuro un edificio storico, costruito in pietra lavica, di una costruzione più moderna in cemento armato?

Se dovessi scegliere se vivere in un edificio antico, realizzato in muratura, in blocchi di pietra lavica di buona fattura, o in un edificio dell’immediato Dopoguerra, con il metodo dei telai piani in cemento armato, non avrei dubbi. Vivrei certamente nell’edificio antico, che ha caratteristiche di resistenza superiori. In genere si tratta di palazzi bassi, tozzi, simmetrici, dunque più performati per resistere ad un trauma sismico.

Insomma, bisogna intervenire, e subito.

Il messaggio che desidero passi per la città è un messaggio di consapevolezza. Dobbiamo accettare l’idea che le nostre case non sono per sempre, hanno una “ciclo vitale” e chi abita in un edificio dell’immediato Dopoguerra dovrà sicuramente programmare dei lavori, e in qualche caso pensare ad una demolizione e ricostruzione. Gli uffici dell’ANCE sono a disposizione per le verifiche, possono dare assistenza del tutto gratuita. Avvalendosi di noti professori della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Catania, che insieme a noi hanno studiato in maniera approfondita il problema.

Quando lei è stato nominato, nel 2016, venne firmato il cosiddetto “Patto per Catania”. A quasi due anni è possibile tracciare un primo bilancio dei risultati?

Ricordo che ero al Teatro Bellini quando il premier Renzi incontrò il sindaco Bianco e sottoscrisse il Patto. Fummo tutti orgogliosi e convinti che qualcosa di importante stesse accadendo. Ancora moltissimo dev’essere fatto, ma qualche realizzazione si vede già. Penso alla Circumetnea, che ha ampliato di molto la propria fruibilità da parte dei cittadini. Un grande aiuto per i catanesi, che hanno uno strumento in più per evadere dal traffico paralizzante della città. Siamo in procinto di bandire la gara per la mantellata del molo del Porto, e tra poco arriverà il bando di gara che dovrebbe appaltare per oltre 400 milioni di euro l’ultima espansione della Circum.

Una mole di investimenti importante che deve fare i conti con la farraginosità del sistema burocratico italiano e siciliano.

Qui purtroppo casca l’asino. Da questo punto di vista, a livello europeo, l’Italia e la Sicilia sono davvero fanalino di coda. Polonia, Spagna e Irlanda, per esempio, ci surclassano. Purtroppo la burocrazia non sempre riesce a mantenere le promesse. Dovremmo essere capaci, tutti insieme, di contribuire a rendere questa attività quanto più rapide possibile. Al momento non è così: basti pensare che la massa salari versata in cassa edile, dal 2009 ad oggi, vede importi ridotti di oltre il 60%. Catania, che da sempre ha una grande vocazione edile, vede moltissime famiglie che non riescono più a sopravvivere con un’attività di istruzioni.

Anche per questo esiste una Cabina di regia per verificare lo stato dei lavori finanziati dal Patto.

Faccio parte della Cabina di regia e ringrazio il sindaco Bianco per avermi inserito. Tale cabina monitora l’andamento dei lavori con cadenza mensile o bimestrale, contribuendo a velocizzare il processo di cambiamento della nostra città. Al momento manca ancora un crono-programma che possa consentire ai cittadini di sapere che il lavoro x, di costo y, finirà la progettazione esecutiva in una certa data e inizierà il cantiere in un’altra. Con piccoli aggiustamenti, credo che sia una cosa assolutamente perseguibile.

Una delle battaglie che state portando avanti come ANCE è quella per la riforma del Codice degli Appalti. Di che si tratta?

Parliamo del famigerato Decreto 50, che nasce in un momento storico in cui le imprese edili erano messe all’angolo, essendo considerate il “male” dell’Italia. Come se tutti gli imprenditori fossero corruttori o intrallazzassero per pescare nel torbido. Sono convinto che il malcontento per il Decreto riguardi oggi non solo la nostra categoria, ma anche le amministrazioni che devono fare i conti con il surplus di burocrazia che la norma ha comportato. Il Decreto 50 doveva finalmente agevolare e snellire le procedure, passando da un regolamento a una serie di “soft law” che man mano dovevano essere prodotte. Non abbiamo visto niente di tutti questo.

Il tutto sotto la vigilanza dell’Anac.

Questo è svilente per tutto il sistema edile. Mi sono fatto promotore, insieme agli associati ANCE, di una ipotesi di proposta di legge che porti all’azzeramento del Decreto 50. A breve usciremo con una proposta strutturata per il Governo che sta per formarsi. Che mi auguro ascolti in maniera importante le proposte costruttive degli imprenditori edili.

Quali sono le altre iniziative che come ANCE state portando avanti per spingere la risposa del settore edilizio nel comprensorio etneo?

La nostra associazione, di concerto con gli ordini professionali, l’Università e l’Amministrazione Comunale di Catania, ha costituito il tavolo “Catania sicura”, che si riunisce con cadenza bimestrale e che a breve produrrà un ipotesi di legge regionale per agevolare il processo di demolizione e ricostruzione integrante eco e sisma bonus. Il tavolo risulta particolarmente efficace perché sintetizza tutte le forze sane cointeressate nella filiera edile. Stiamo anche cercando di consorziare le imprese socie dell’ANCE, affinché possano candidarsi nelle diverse operazioni che riguardano la costruzione dei nuovi immobili di Corso martiri della Libertà, e nella costruzione dell’Hilton di Capolini.

A proposito di Corso Martiri. Dal suo osservatorio privilegiato, come vede i lavori? I catanesi possono davvero sperare che quella ferità nel cuore della città si rimargini?

Tra pochi giorni avremo una riunione qui in ANCE, durante la quale dieci imprese costituiranno un nuova realtà che potrebbe candidarsi a lavorare nel cantiere. Il boulevard lo abbiamo ammirato tutti nel plastico dell’architetto Cucinella. C’è un interesse importante da parte di diversi investitori stranieri. Secondo me possiamo anche sperare che un gruppo di imprenditori catanesi possano fare fronte comune e, invece di farsi la guerra come in passato, concentrino le loro risorse per costruire il futuro della città.

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