SCICLI (RG) – Petrolio? No, grazie. Puntiamo tutto sul turismo. Una scelta di campo destinata a fare discutere. Per le ricadute, più o meno positive, che si potrebbero registrare su un territorio che la fiction di Montalbano ha reso sempre più appetibile a fini vacanzieri. Intanto partiamo dalla notizia. E cioè il fatto che il ministero dell’Ambiente ha detto no alla perforazione di otto nuovi pozzi nel Canale di Sicilia e nel mare di fronte Scicli. Il sindaco, Enzo Giannone, che aveva espresso osservazioni insieme all’ex provincia di Ragusa e alle associazioni ambientaliste, si è detto soddisfatto del risultato. A perforare sarebbe stata la società Edison che avrebbe dovuto realizzare gli otto pozzi nell’ambito del «campo Vega», a 12 miglia dalla zona Sic della riserva del fiume Irminio, anch’essa ricadente in buona misura nel territorio di Scicli. Esistono in atto quattro pozzi già autorizzati e la realizzazione di ulteriori otto pozzi avrebbe avuto, a detta del sindaco, un impatto ambientale notevole. A margine si registra una polemica tra Legambiente Ragusa e la stessa amministrazione comunale. Gli ambientalisti rivendicano il fatto che è merito di Legambiente e dell’ex provincia, e non del Comune di Scicli, se si è arrivati a questo risultato. “Ci meraviglia parecchio – sottolineano gli ambientalisti – che il sindaco Giannone abbia scelto di intestarsi da solo il merito di questa battaglia”. La replica non si è fatta attendere. “Vero è che c’è chi ha presentato memorie, deduzioni e controdeduzioni – sottolineano dall’amministrazione comunale – ma non tutti i soggetti coinvolti (in questo caso due Comuni, cioè Scicli e Ragusa, e una provincia, oltre che associazioni) poi seguono con attenzione e impegno politico i percorsi amministrativi che portano gli organismi governativi preposti alle decisioni”.
Resta l’interrogativo iniziale. Scicli, così come il territorio circostante, decide di rinunciare al petrolio, i cui dati, tra l’altro, risultano essere in notevole calo, per quanto riguarda il territorio ibleo, negli ultimi anni, a differenza di quanto avveniva in passato, anche perché si è scelto di non innovare e di non effettuare investimenti mirati da parte delle grandi società che hanno investito nell’area ragusana e che avevano creato il miraggio dell’oro nero; e, sull’altro versante, sempre Scicli dichiara di volere puntare tutto sul turismo. E’ vero che i numeri, in questo senso, sono risultati sempre in crescita. E’ vero che, con l’ausilio di geniali intuizioni, come la creazione delle strutture ricettive inserite, nel circuito dell’ospitalità diffusa, questo fenomeno è stato parzialmente governato e ha creato ricchezza. Ma è altrettanto vero che le ricadute economiche del comparto, a Scicli così come nel resto della provincia di Ragusa, non sono, per il momento, lontanamente paragonabili, in termini di creazione della ricchezza, a quelli di altri settori che, benché in crisi, risultano essere sempre trainanti, dall’agricoltura all’industria estrattiva. Quindi, occorrerebbe porsi un paio di problemi: il primo è come fare ad incrementare ulteriormente il settore turistico perché possa fungere anch’esso da valido traino per l’economia locale; il secondo è individuare da subito quale sistema adottare per surrogare all’effetto della Montalbanomania quando quest’ultimo, inevitabilmente (prima o poi accadrà) verrà meno. Insomma, il dibattito, sul territorio ragusano, si è già aperto.