Comprare un pacco di pasta o di riso da oggi sarà più sicuro: scatta infatti proprio oggi l’obbligo in etichetta di indicare l’origine del grano duro utilizzato grazie all’entrata in vigore del decreto ministeriale sul grano.
“Finalmente si potrà ridare dignità agli oltre 8 milioni di quintali di grano duro prodotto nell’Isola”, commenta la Coldiretti Sicilia che saluta positivamente l’entrata in vigore di questi due decreti interministeriali sull’indicazione dell’origine obbligatoria del riso e del grano per la pasta in etichetta.
Si tratta del risultato della guerra del grano lanciata da Coldiretti con decine di migliaia di agricoltori scesi in piazza per difendere dal rischio di abbandono della coltivazione piu’ diffusa in Italia realizzata spesso in aree marginali senza reali alternative.
“Grazie a questi decreti finalmente si potrà sapere se nella pasta che mangiamo e che diamo ai nostri figli c’è grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, proibito sul grano italiano – commenta il presidente Coldiretti Sicilia, Francesco Ferreri -. Conoscere da dove proviene ciò che si mangia è un diritto di ogni consumatore e oggi si può aggiungere un altro tassello alle tante battaglie fatte da Coldiretti per l’economia regionale. Secondo quanto previsto dal decreto le confezioni di pasta secca prodotte in Italia – spiega la Coldiretti – dovranno d’ora in poi avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: paesi UE, paesi NON UE, paesi UE E NON UE. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.
Positivo anche il commento della Confagricoltura attraverso il suo presidente provinciale Giovanni Selvaggi: “Prima dell’entrata in vigore dei decreti in questione veniva meno la trasparenza in termini di materia prima impiegata per la pasta. Il consumatore finale non poteva operare delle scelte sulla base dell’origine della materia prima con indubbi riflessi negativi sul comparto nazionale”.
Chiediamo a questo punto al rappresentante di Confagricoltura cosa rappresentano in termini economici e di sviluppo questi decreti?
“Auspichiamo un aumento del prezzo del grano all’origine – oggi davvero indecente e impossibile da sostenere per le aziende agricole produttrici – e non della pasta per il consumatore finale considerando quelli che sono già gli ampi margini delle industrie pastarie. Inoltre la produzione cerealicola nazionale è in grado di soddisfare circa il 50% del fabbisogno nazionale dell’industria della pasta. L’applicazione dei decreti che impongono l’obbligo di indicare in etichetta la materia prima e la continua ricerca del “made in Italy” da parte del consumatore finale genererebbe un effetto volano sullo sviluppo del comparto nazionale”.
Il grano viene venduto a 18 centesimi al chilo: non mortifica un prezzo del genere il lavoro?
“I prezzi medi del grano duro registrati negli ultimi due anni non solo sviliscono gli sforzi profusi da chi investe nella coltivazione del grano duro, ma impediscono agli imprenditori del settore di garantire il raggiungimento degli standard qualitativi richiesti dall’industria della pasta. In virtù dei succitati decreti – conclude Giovanni Selvaggi – si auspica l’incremento dei contratti di coltivazione. Tali strumenti garantirebbero agli agricoltori la certezza del ritiro del prodotto a condizioni economiche prestabilite, con conseguente possibilità di programmazione della propria attività. Da anni confagricoltura si batte in tutti i tavoli nazionali ed europei affinchè si proceda celermente verso una tracciabilità di filiera che in tutti i comparti garantisca la provenienza della materia prima e l’effettiva promozione del tanto sbandierato Made in Italy”