CATANIA – Scrivono una lunga lettera i lavoratori dell’O.D.A (Opera di assistenza diocesana), stanchi della difficile situazione lavorativa ed economica che li vede protagonista. Ecco il testo della lettera.
“L’O.D.A. è un’importante testimonianza della chiesa di Catania”, così ci ha accolto S.E. Mons. Gristina durante gli auguri di Natale; abbiamo incontrato diverse volte il Vescovo in questi ultimi mesi, non succedeva ormai da qualche anno, ci siamo sentiti nuovamente parte integrante della chiesa di Catania; è stata una gioia accoglierLo negli Istituti fra i Suoi e i nostri ragazzi emozionati nel vederLo, o nella sede amministrativa di Via Galermo.
Con queste emozioni abbiamo sperato che l’ODA potesse rinascere, impegnandoci giorno dopo giorno per ricostruire, per riappropriarci dei valori accantonati ma non dimenticati che sono propri dell’ODA, per ridare serenità e gioia ai nostri ragazzi.
Spinti dal coraggio, dall’impegno e dalla determinazione del Commissario Straordinario Avv. Landi, abbiamo pensato di poterci lasciare alle spalle questi anni bui, certi che nessuno avrebbe più “rubato” l’ODA a Catania.
E’ stata chiesta trasparenza e onestà alle Istituzioni che sono garanti di questi principi, come bisogno tangibile di discontinuità dal passato, per dare ulteriore linfa e certezze a quanti hanno e continuano a credere nell’ODA.
Volevamo chiudere con il passato, ma ancora una volta non ci è concesso.
Ancora una volta si “discute” e si “pretende” che la Fondazione sia un’impresa, che debba fare utili, che il passato debba ritornare per distruggere.
Abbiamo già vissuto diatribe e scontri sulla governance dell’Ente, abbiamo avuto sentenze da giudici competenti ed imparziali che non hanno permesso il fallimento dell’ODA ed hanno sancito l’appartenenza della stessa alla Chiesa di Catania.
Oggi gli stessi giudici si trovano a dover nuovamente decidere sul fallimento o meno della Fondazione, per possibili anomalie nella gestione passata, tali da richiederne il fallimento.
Noi lavoratori, non abbiamo le competenze giuridiche né la onniscenza e la tracotanza di un sindacalista che si erge a paladino e salvatore della fondazione chiedendone il fallimento, di contro abbiamo una professionalità e una lunga esperienza nel settore della riabilitazione, dell’assistenza, del volontariato e della formazione, abbiamo una lunga esperienza nell’accudire, sostenere, sorreggere ed aiutare i nostri ragazzi, abbiamo costruito l’ODA giorno dopo giorno, abbiamo avuto la stima e l’aiuto dei nostri utenti, sempre, anche e soprattutto nei momenti peggiori che ha vissuto l’Ente.
Spesso ci si dimentica che l’ODA non è un Presidente, un CdA, un Amministratore Delegato, l’ODA è il disabile, l’anziano, l’invalido, il ragazzo che vuole un’istruzione per costruirsi un futuro, è un punto di riferimento per i catanesi, per i loro figli, per la loro sofferenza, per i loro problemi che spesso le Istituzioni non ascoltano.
E’ vero, è scritto nello Statuto dell’Ente, noi non facciamo utili, non siamo un’azienda, non produciamo, anche se pretestuosamente qualcuno in passato ha sostenuto il contrario, noi lavoriamo e viviamo con e per i nostri utenti, e se qualcuno non è stato all’altezza del ruolo affidatogli, non sono i nostri ragazzi che devono pagare, non deve essere l’ODA a chiudere.
Noi pensiamo, chi ha sbagliato deve pagare, noi lavoratori non abbiamo sbagliato, i nostri utenti non hanno sbagliato.
Se fallisce l’ODA fallisce “un’importante testimonianza della Chiesa di Catania”, fallisce la volontà e l’impegno che la Santa Sede ha generosamente apportato per ridare vita all’ODA.
Noi chiediamo il RISPETTO, la CORRETTEZZA, l’ATTENZIONE verso i più deboli, fragili ed indifesi, verso COLORO che SONO L’ODA;
NOI rivendichiamo il sacrosanto diritto di non perdere il posto di lavoro.
NOI CHIEDIAMO DI CONTINUARE AD ESSERCI!
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