Chi tutela le imprese agricole in Sicilia? La storia di una famiglia di imprenditori

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Si può fare impresa nel settore agricolo? E’ semplice o difficile avviare un’attività? La burocrazia e la politica aiutano? Domande a cui spesso bisogna dare risposte negative: che però non scoraggiano tanti imprenditori siciliani che hanno deciso di scommettere su questa terra seppur tra mille difficoltà. E scommettendoci sono riusciti a creare realtà imprenditoriali di prestigio che, oltre a essere eccellenze nel settore, creano occupazione e indotto.

Tra questi casi c’è quello dei fratelli Marino che hanno dato vita a un’azienda agricola e a un agriturismo nel cuore di Giardini Naxos. Abbiamo deciso di intervistarli per entrare nel loro mondo, per capire le difficoltà incontrate e per fornire suggerimenti a chi decide di intraprendere un cammino simile.

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A rispondere alle nostre domande è Salvatore Marino.

Come nasce la Vostra attività?
«L’azienda agrituristica a Giardini-Naxos nasce dall’idea di Francesco Marino che nella metà del ‘900 acquistò da un’ antica famiglia nobiliare veneta parte dell’attuale Azienda, dicui facevano parte il Casale “Palma” e la Masseria Cipudda. Nei successivi anni venne aggiunta alla proprietà La Cubba ed i suoi terreni, piccolo complesso di due casali e una stalla, il cui nome deriva dalla presenza di un’ antica cubba bizantina, si può ancora vedere la base; in seguito venne acquistato l’ultimo casale della proprietà detto “U Nutaro“, poiché appartenuto ad un notaio. Nei primi anni 2000 il Dottor Marino con i figli nel rispetto dell’insediamento originario intraprese la ristrutturazione di tutti i casali per adibirli ad attività agrituristica, costituendo un piccolo borgo rurale nel cuore di Naxos. Discendente da quattro generazioni di imprenditori amanti della “terra” la famiglia Marino continua a tramandare la tradizione siciliana nella produzione di frutta, agrumi, olive e olio, cereali e leguminose. Oltre alla tenuta di Giardini l’azienda si estende per altri 90 ettari tra Ramacca nella famosa Piana di Catania e Acireale ,la Riviera dei Ciclopi e anche alcuni vigneti sull’Etna».
Spieghiamo esattamente di cosa vi occupate e in quali settori spaziate 
«Si è scelto di indirizzare l’azienda verso la multifunzionalità, abbinando alla attività prettamente agricola di produzione primaria ,quali agrumi (arancia rossa di sicilia, limone dell’Etna, pompelmi rosa, mandarini), olive (da mensa e da olio), fruttiferi (siamo stati trai primi a coltivare l’avocado sin dal 1984, nespole, susine, albicocche, pesche, mandorle e noci Pecan), vigneti, seminativi (grani duri antichi e ceci), piccole produzione orticole (ad es. il cavolo rapa di Acireale, detto “trunzu di aci”, presidio slow food) anche l’attività agrituristica (ospitalità e ristorazione nel rispetto della cucina siciliana e della dieta mediterranea), e l’attività didattica educativa secondo i criteri della pedagogia parallela. Oltre ai prodotti freschi, produciamo semole di grani antichi, marmellate e confetture di frutta, olio extravergine di oliva e vino».
È stato facile creare impresa in Sicilia? Che difficoltà avete incontrato?
«Essendo il frutto di 4 generazione, l’attività di impresa nacque nella metà del 1800, pertanto noi abbiamo innovato introducendo nuovi prodotti e processi produttivi. Per fare ciò le difficoltà incontrate sono state l’accesso al credito, nella farraginosità della burocrazia (nel corso degli anni abbiamo dovuto “produrre” quintali di carte per ottenere autorizzazioni, licenze, permessi e quant’altro necessario), difficoltà nel reperire manodopera professionale e specializzata, la totale mancanza di spirito di aggregazione tra imprenditori. E’ innegabile una notevole carenza di infrastrutture che ci crea difficoltà per un agevole accesso ai mercati. Eccessivo carico fiscale sia sui beni strumentali che sul lavoro».
Tra i problemi – come avete citato – c’è sicuramente quello delle infrastrutture, materiali e immateriali: come si potrebbe intervenire e perché, secondo lei, la politica è sorda alle richieste degli imprenditori?
«Sicuramente siamo carenti di strade ed autostrade, linee ferrate degne di tale nome, reti informatiche non paragonabili a quelle del centro-nord italia: ad es. per i “click day” nazionali siamo sicuramente svantaggiati nei bandi  dove conta il tempo di invio. I tempi di realizzazione delle opere pubbliche e di quelle private che richiedono un contributo pubblico sono irragionevolmente troppo lunghi. Da un lato la politica è sorda e non è al passo con i tempi e poi c’è un problema di disponibilità di risorse pubbliche, come per esempio la Regione Sicilia ce ha un notevole debito ed elevate spese correnti».
C’è anche il problema sicurezza: spesso sentiamo di furti nelle campagne. Vi sentiti protetti dallo Stato?

 

«Il livello di protezione è inadeguato, nonostante l’impegno delle forze dell’ordine, tant’è che siamo costretti a ricorrere a spese per sistemi di protezione e alla vigilanza privata con notevole aggravio di costi. E’ necessario avviare dei progetti di collaborazione con le forze dell’ordine e di intelligence, utilizzando le nuove tecnologie per contrastare questo fenomeno. A tal proposito potrebbe anche essere utile forse avviare dei piani di ripopolamento delle campagne utilizzando eventualmente il flusso degli immigrati, ovviamente garantendo loro adeguate condizioni di vita e di lavoro secondo la normativa vigente».
Vengono valorizzati i prodotti siciliani oppure la concorrenza dei paesi africani si fa sentire?
«Certamente la concorrenza si fa sentire ma l’importazione di prodotti da paesi terzi e non solo africani è incentivata da alcune direttive europee che non  tengono nella giusta considerazione le produzioni europee mediterranee».
Se poteste fare una richiesta alla politica, cosa chiedereste tra le misure più urgenti?
«Abbassare il costo del lavoro attraverso un intervento sul cuneo fiscale, interventi urgenti nelle infrastrutture sia materiali che immateriali, vera e reale semplificazione delle procedure facendo maggiore ricorso alla informatizzazione della P.A. Inoltre è necessario che il governo italiano faccia sentire di più la propria voce nelle sedi opportune, cercando la collaborazione anche gli altri paesi europei mediterranei per tutelare meglio le produzioni agroalimentari mediterranee anche a livello di accordi WTO (accordi sull’organizzazione mondiale del commercio, ndr) per mettere delle regole eque a questa globalizzazione selvaggia che altrimeti ci distruggerà, applicando delle regole coeteris pari bus con gli stessi diritti e soprattutto doveri e norme»
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