Da Buenos Aires a Bahia Blanca, inflazione e insicurezza
A Buenos Aires incontriamo Nunzio Tabbi, il massimo dirigente dell’Usef in Argentina, un amico di vecchia data con il quale abbiamo condiviso nel passato iniziative entusiasmanti, tra le quali ricordo nei primi anni Duemila la raccolta di medicinali distribuiti ai nostri connazionali meno abbienti ed a chi ne aveva bisogno; la sottoscrizione per l’acquisto di lettini destinati a un ospedale per bambini; l’apertura di un ambulatorio a Matanza, oggi purtroppo chiuso, dove grazie all’attività di medici e infermieri che prestavano la loro opera volontariamente veniva garantito un servizio di prima assistenza.
Mentre passeggiamo per le vie del centro, Nunzio, che è un imprenditore che opera nel campo dell’autotrasporto, ci parla del l’inflazione che divora giorno dopo giorno il valore del pesos, delle difficoltà in cui si dibattono le piccole e piccolissime imprese, dei pericoli che incombono su alcune importanti conquiste sociali, del dilagare di scippi e rapine, avvertendoci nel contempo di stare attenti.
Percorrendo la Florida, una delle strade più importanti dello shopping, dove non manca mai una coppia che balla il tango, sono colpito dalle parecchie centinaia di persone di età, etnia e sesso diversi che propongono ai passanti il cambio di moneta, pesos per dollari ed euro.
Il giorno dopo con la macchina di Nunzio, una Mercedes quasi nuova, andiamo a Bahia Blanca, una città a sud-est della capitale, fondata come una guarnigione militare e divenuta successivamente una città- porto. Qui, dove i primi italiani arrivarono intorno al 1830 per coltivare la terra e dove il 52% dei suoi 350.000 abitanti ha un antenato italiano, ci accoglie con entusiasmo Rocco Privitello, un artigiano e gioielliere arrivato in questo lembo di terra da Mazzarino all’età di quattro anni. Rocco, oltre all’Usef, presiede l’associazione Trinacria, una società di mutuo soccorso fondata nel 1917; in città è un vero e proprio personaggio, riconosciuto da tutti per la sua propensione a dare una mano a chiunque ne abbia bisogno.
Rocco, incurante del fatto che avevamo percorso settecento chilometri senza neppure una piccola sosta per rifocillarci, ci permette di bere solo un caffè all’italiana perché dice “a mangiare c’è sempre tempo”.
Prima di visitare il teatro dove Luigi Pirandello portò in scena alcune delle sue opere più celebri, Rocco ci porta in giro per la città senza farci scendere mai dalla macchina. Così, alla velocità del fulmine, vediamo il porto, la cattedrale, un grande centro commerciale, il quartiere residenziale dove abitano le persone più influenti, la statua di Garibaldi, che per altezza e valore artistico è la seconda, in ordine dì importanza, dell’Argentina e il teatro.
Dopo questo rito ci rechiamo in associazione, dove troviamo alcuni soci impegnati a preparare l’asado, la tipica grigliata di carne argentina, e in attesa che il fuoco faccia il suo dovere facciamo una riunione: i soci ci parlano dei loro problemi e delle loro angosce legate alla mancanza di sicurezza e all’incertezza del futuro; ci raccontano le loro esperienze e i sacrifici fatti, ci ricordano con la voce quasi spezzata dall’emozione il loro legame con la Sicilia, con questa nostra terra, eternamente sospesa tra incanto e maledizione che con loro non è stata per nulla generosa. Noi, a nostra volta, oltre a renderli edotti della situazione siciliana e delle difficoltà in cui si dibatte l’Usef , a causa del fatto che il precedente governo negli ultimi cinque anni non ha destinato un centesimo per le iniziative delle associazioni all’estero, li assicuriamo sulla continuità dell’attività.
(la terza parte del reportage prosegue la troverete domani)