L’arrivo, Rosario, l’inaugurazione e il sindacato
Novembre 2017. Ritrovo Buenos Aires come la prima volta che l’ho vista: carismatica, piena di energia, dalle sue avenidas sprizzano armonia e musica, balli, sorrisi e infinite sfumature di colori.
Al mio arrivo ritrovo i viali dipinti dal fiore viola della jacaranda, il rosso del ceibo che contrasta col colore gelido del cielo argentino, il tanfo grigio delle sacche di miseria che incontro attraversando i barrios della periferia, colori che contrastano o accompagnano l’inquietudine e l’insicurezza che si percepisce anche nel centro della città.
Il mio compagno di viaggio lungo l’Argentina prima, l’Uruguay e Cile dopo, è Angelo Lauricella, mio vecchio compagno d’avventura. Lo scopo della nostra visita è una serie di incontri con personalità politiche, imprenditoriali e culturali, riunioni con le nostre comunità emigrate e l’inaugurazione della sede dell’Usef (Unione Siciliani Emigrati e Famiglie) a Rosario.
II giorno dopo il nostro arrivo, lasciamo Buenos Aires alla volta di Rosario. In questa tappa ci accompagna Fabio Porta, un deputato nazionale eletto nella circoscrizione del Sud America originario di Caltagirone. Arrivati nella città situata sulle rive del fiume Paraná dove nacque Ernesto Che Guevara, ci accoglie Salvatore Finocchiaro, un giovane insegnante ed operatore culturale originario di Motta Camastra. Questi, prima dell’inaugurazione, ci fa incontrare con un gruppo di corregionali con i quali discutiamo per oltre un’ora, vogliono essere aggiornati della Sicilia e ci parlano dei problemi dell’Argentina: il lavoro che manca e mal pagato, l’assistenza sanitaria precaria, le difficoltà della vecchiaia, sprovvista della necessaria assistenza.
Subito dopo incontriamo alcuni dirigenti del maggior sindacato di lavoratori dipendenti, che ci raccontano le loro preoccupazioni sui rischi che corrono alcune importanti conquiste sociali: l’età pensionabile che il Governo vorrebbe alzare, la riduzione dei salari, l’azzeramento del diritto al pagamento dello straordinari. Ci informano sull’acuirsi dei problemi della sicurezza nei luoghi di lavoro dove, sostengono, gli incidenti anche mortali sono aumentati vertiginosamente. Infine ci espongono le difficoltà che incontra il sindacato nel costruire una forte iniziativa unitaria a causa delle divisioni esistenti che però è l’unica strada che può impedire all’Argentina di subire la stessa sorte del Brasile.
Dopo questo incontro, che ci lascia addosso un sentimento acre e buio, dobbiamo proseguire con l’inaugurazione della sede. Parlano Lauricella e Fabio Porta, ci accompagnano le canzoni di lotta di Lionello Capitani, un giovane cantautore quasi cieco. E’ il modo che abbiamo scelto per stare insieme.
Dopo la cerimonia, della quale gli organizzatori sono particolarmente orgogliosi, Salvatore insiste per farci visitare la festa delle collectividad, che si svolge nell’omonimo parco; qui le innumerevoli comunità etniche hanno allestito centinaia di stand dove si cucinano e si consumano pietanze legate alle loro tradizioni, accompagnate dall’esibizione di gruppi musicali, bande e ballerine vestite con sgargianti costumi tradizionali.
Quando decidiamo di lasciare la festa è già molto tardi, un po’ delusi per non aver potuto gustare i mitici dorados andiamo a letto a digiuno.
L’indomani, dopo una breve riunione con Fabio Porta e con Renato Palermo, un dirigente dell’Inca-CGIL dell’Uraguay, che ci informa della situazione di quel Paese e dell’attività dell’associazione, rientriamo in pullman nella capitale.
(la seconda parte del reportage prosegue domani)
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