Con Bacco, tra tradizione e innovazione all'insegna del pistacchio

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CATANIA – Il loro testimonial, Andrea Lo Cicero, rappresenta in pieno questa azienda: passione, determinazione, forza, coraggio e soprattutto sicilianità alla conquista del mondo. Stiamo parlando dell’azienda Bacco che da anni, ormai, si è ritagliata una fetta di mercato importante nel settore dolciario e che, anche per il Natale e il Capodanno che ci accingiamo a festeggiare, la farà da padrone nelle tavole dei siciliani e non solo.

Abbiamo deciso allora di conoscere un po’ più da vicino questa azienda artigianale di produzione e trasformazione del pistacchio, nata dall’iniziativa imprenditoriale di Claudio Luca.

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Tradizione e innovazione per Bacco: come coniugate i due elementi?

«Bacco, fin dalla fondazione, ha puntato tutto sulla qualità: della materia prima, dell’artiginalità dei processi produttivi, dei macchinari utilizzati. Affiancadola, da un lato, a una costante formazione dei dipendenti, dall’altro a una analisi del mercato. Non soltanto per ciò che concerne il gusto dei consumatori, come è cambiato nel corso del tempo, ma al modo in cui si è evoluta l’attenzione su tutto ciò che coinvolge l’aspetto legato alla salubrità dei prodotti in commercio. Le ricette, pertanto, nel corso del tempo sono state alleggerite, i processi produttivi semplificati. Due cose sono rimaste intatte: la materia prima straordinaria e l’apporto fondamentale del lavoro manuale dei nostri artigiani del gusto».

Grazie a voi il pistacchio ha ottenuto ancora più successo: cosa rappresenta per voi?

«Non siamo di certo stati i primi a lavorare e trasformare il pistacchio. Siamo stati però i primi a fare un lavoro sistematico sul marketing e sulla comunicazione. Abbiamo lavorato di pari passo alla costruzione del brand e al posizionamento del prodotto, alzando anno dopo anno lo standing della nostra comunicazione pubblicitaria, che negli ultimi due anni ha sicuramentre registrato un deciso salto di qualità. L’anno scorso con la produzione del corto cinematografico celebrativo del decennale, “Il nostro viaggio”, quest’anno con la prima campagna pubblicitaria davvero di respirto nazionale».
Un testimonial d’eccezione: come mai questa scelta?
«Perché, come dicevo prima, avendo deciso di valicare lo Stretto, realizzando – con il supporto di Alessi e di Sky – una campagna nazionale che sostenesse la progressiva penetrazione del nostro panettone nella gdo (grande distribuzione organizzata, ndr) di tutta la Nazione, avevamo necessità di associare il brand Panbacco ad un volto conosciuto e spendibile. Abbiamo scelto quello di un campione del rugby come Andrea Lo Cicero, testimonial di uno sport che veicoli valori positivi e, che non guasta, è catanese come la nostra azienda».
E’ stato facile conquistare il mercato oltre lo stretto?
«Se si lavora sulla qualità i risultati arrivano. Per noi è stato necessario investire tanto sulla promozione, girando tutte le più importanti fiere di settore, facendo conoscere il prodotto a quanti più – intermediari o consumatori finali che fossero – persone possibili. Il marketing one to one, nell’alimentare, è sempre la scelta più utile».
Quanto è facile o difficile fare impresa in Sicilia?
«Le rispondo con una battuta: tornando al discorso del valicare lo Stretto, per noi esportare a Reggio Calabria o a Seul è la stessa cosa. Chi fa impresa in Sicilia deve combatture con due tipi di ostacoli: quelli infrastrutturali e quelli di natura burocratica, con una frazionamento dei controlli, del potere decisionale e autorizzatorio in mezzo ai quali spesso non ci si raccapezza. Perdendo mesi su mesi, anche solo per vedersi autorizzata la costruzione di un nuovo insediamento produttivo. La Sicilia è una regione dove si fa impresa con difficoltà, ma noi non demordiamo. Siamo qui e vogliamo restarci».
Cosa chiedere alle istituzioni?
«Di creare le condizioni per consentire a chi vuol fare impresa di farla».
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