Questo il titolo del libro edito da “La Torre del Vento” scritto da Salvatore e Sandro Varzi, Alessandro Dell’Aira sul celebre ritratto realizzato da Antonello da Messina tra il 1465 e il 1472 e oggi conservato al Museo Mandralisca di Cefalù. Uno studio, una ricerca che ha portato i tre coautori Salvatore e Sandro Varzi ed Alessandro Dell’Aira ad identificare e svelare l’identità dell’uomo dallo sguardo affascinante ed enigmatico, dal sorriso ambiguo e beffardo accomunato alla Gioconda di Leonardo Da Vinci per l’imperscrutabile aura di mistero.
Il soggetto del quadro di Antonello da Messina, il sorriso dell’ignoto marinaio, esaltato da Vincenzo Consolo nel suo capolavoro come eroe risorgimentale, non è quello di un pescatore di Lipari come si è pensato per molto tempo ma di un uomo potente, per l’esattezza un vescovo-ambasciatore che resse la diocesi di Cefalù dal 1484 fino alla sua morte avvenuta nel 1492, precettore di Ferdinando II d’Aragona, re di Spagna e di Sicilia, quello che con la moglie Isabella di Castiglia finanziò l’impresa di Colombo.
La clamorosa scoperta dei tre studiosi ha inizio quando Sandro Varzi, nel fotografare e ripulire l’opera, in partenza per l’Expo di Milano, nota un sigillo posto sul retro della tavola intrisa di smalto a cui nessuno fino ad allora aveva fatto caso. «Il sigillo che mostrava gli emblemi vescovili – dice Varzi – ci ha indotto a cercare nell’albero genealogico della famiglia Pirajno, che possedeva l’opera, dove però non c’era nessun presule. Ma cerca che cerca ci siamo imbattuti in Giuseppe Pirajno, che era stato vicario di ben tre vescovi di Cefalù e che, in assenza dei titolari, a metà Settecento, aveva esercitato per parecchi anni un grande potere nella curia, tanto da ottenere la potestà di utilizzare lo stemma episcopale. Il sigillo sul quadro è riferibile all’incirca al 1738. Un analogo sigillo chiude il testamento del vicario stesso. Quindi c’è la prova che l’opera era stata acquisita nel patrimonio dei Mandralisca ben prima che il barone Pirajno (1809-1864), quello raccontato da Consolo, facesse la spola con Lipari, l’isola natia della moglie, dove avrebbe trovato l’opera».
Una persona di spicco, dunque, che con un ruolo di primissimo piano – fu segretario e diplomatico di re Ferdinando, oltre che vescovo di Cefalù – frequentò le sale della diplomazia e del potere, del clero e delle corti.
L’indagine mette insieme una serie di indizi e apre una strada per la soluzione di un enigma della storia dell’arte che resiste da cinque secoli e mezzo; un meraviglioso rompicapo nella storia di Cefalù sta per chiudersi ma se ne apre uno nuovo: da cosa o da chi ha preso il volo la storia del marinaio?
Diversi storici dell’arte come Roberto Longhi avevano insinuato che per l’abbigliamento doveva per forza trattarsi di un uomo facoltoso di alto rango ma quel soggetto ha rievocato l’affascinante figura di un marinaio. In ogni caso Il ritratto d’uomo, definito “L’ignoto marinaio”, rappresenta e rimane per varie ragioni un capolavoro assoluto! Con quello sguardo magnetico che segue l’osservatore da qualsiasi angolazione si ponga, il sorriso ironico, quasi compiaciuto, e il disegno in basso nel colletto con il quale l’artista avrebbe lasciato un’intrigante stilizzazione del particolare anatomico femmineo si percepisce tutto il mondo geniale di Antonello.