SICILIA – Dopo una attesa più lunga del necessario, dovuta alla bizzarria della legge elettorale siciliana che prevede tra l’altro lo scrutinio dieci ore dopo la chiusura dei seggi, la sentenza è finalmente arrivata: il nuovo governatore della Trinacria è l’onorevole Nello Musumeci.
Il verdetto dei siciliani (di quelli che sono andati a votare), oltre ad aver liquidato l’esperienza del governo Crocetta considerata parolaia, confusionaria e sensibile solo agli interessi di alcuni potentati economici ha sancito:
a) che i Cinque Stelle sono il primo partito dell’Isola (dopo quello degli astensionisti che ha sfiorato il cinquantatré per cento); ciò significa che il movimento di Grillo non è più quel fuoco di paglia destinato a spegnersi alla prima folata di vento, come pensavano in tanti, bensì una forza politica radicata, in grado di giocare la partita anche a livello nazionale e contendere il governo del Paese sia al centro destra che al centro sinistra;
b) che il Centro Destra unito non solo vince in una Regione importante, ma ritorna a essere competitivo a tutti i livelli e Berlusconi, nonostante l’interdizione e i guai giudiziari, torna da protagonista sul palcoscenico della politica che conta;
c) che il Partito Democratico esce con le ossa rotte a tal punto da compromettere la stessa partita del governo nazionale se non si da una nuova strategia, nuovi gruppi dirigenti legati agli interessi dei territori, dei ceti produttivi del mondo delle professioni, dei giovani e non argina la supponenza del suo segretario nazionale;
d) che le forze collocate alla sinistra del PD se possono gioire per il loro ingresso nel Parlamento siciliano con un loro rappresentante, non possono considerare il risultato ottenuto un successo. Non vanno oltre il sei per cento perché, a mio giudizio, sono stati percepiti come un movimento privo di una chiara identità e senza una proposta programmatica in grado di attrarre l’elettorato di sinistra che si è rifugiato nell’astensionismo e i delusi dalla politica del PD.
L’altro dispositivo della sentenza uscito dalle urne è il tracollo del duo delle meraviglie Alfano-Castiglione e di un vero e proprio fuoriclasse delle preferenze come il senatore Pino Firrarello. Lo statista di Ioppolo Giancaxio commentando il risultato del suo partito – che non ha permesso a nessuno dei suoi candidati di approdare a Sala d’Ercole – ha sostenuto una tesi che nella sua stringatezza appare di straordinaria profondità: “abbiamo perso, ma restiamo abbondantemente sopra il tre per cento” (la soglia prevista dal cosiddetto rosatellum).
Resiste, anche se un po’ ammaccato, l’onorevole Raffaele Lombardo che con la lista messa insieme con gli uomini di Cuffaro e con alcuni voltagabbana riesce a superare lo sbarramento del cinque per cento e ha portare all’Assemblea regionale tre parlamentari.
Al nuovo governatore, con il quale ci complimentiamo per la sua brillante elezione, auguriamo buon lavoro.
Naturalmente all’onorevole Nello Musumeci non diamo nessun consiglio, non solo perché i consigli non si danno neanche a chi li richiede ma soprattutto perché, conoscendolo, siamo convinti che non ne abbia bisogno.
Chiediamo solo di fare meno chiacchiere e più fatti concreti perché quel cinquantatré per cento di siciliani che non è andato a votare (non perché reclama un diritto a non partecipare al voto come sostiene un autorevole commentatore) non c’è andato perché è stanco di sentire solo chiacchiere. Chiediamo altresì di non farsi dettare l’agenda delle cose da fare da nessuno, ma solo dall’urgenza dei problemi.
Da questo punto di vista le dichiarazioni rilasciate a caldo, dopo avere acquisito la certezza della sua elezione, sono un buon viatico, non solo perché ha detto che sarà il presidente di tutti, ma anche perché ha dichiarato di avvertire il peso della responsabilità di governare una Regione come la Sicilia e l’intenzione di restituire a chi verrà dopo di lui una Sicilia normale e senza quella zavorra che ne condiziona lo sviluppo.
Problemi, quelli che dovrà affrontare il nuovo governatore che fanno tremare le vene dei polsi di chiunque abbia un minimo senso di responsabilità; basti pensare alle condizioni di povertà nelle quali vivono decine di migliaia di famiglie; alla disoccupazione, in particolare quella giovanile che ha superato il cinquantasette per cento; alla mafia che, nonostante i colpi che le sono state inferte, continua ad avere un forte potere di condizionamento nei confronti della politica, dell’economia, della società; alla burocrazia che continua a essere per le imprese un fardello troppo pesante; alle difficoltà di accesso al credito per le famiglie e per gli operatori economici; al deficit di infrastrutture materiali e immateriali che penalizza la mobilità delle merci e la competitività delle imprese; infine alla questione delle questioni: i guai provocati dall’incapacità del governo Crocetta di predisporre e presentare progetti finalizzati a utilizzare i soldi europei destinati alla Sicilia.
Ma in Sicilia non ci sono solo nodi irrisolti ci sono anche enormi potenzialità che se sfruttate e valorizzate appieno potrebbero fare la differenza anche con altre regioni. Penso, a questo proposito, al turismo, all’agricoltura di qualità, al talento di tanti imprenditori che non dipendono dall’assistenzialismo e dal clientelismo, che investono risorse proprie, alle enormi competenze e intelligenze che scappano dall’Isola perchè non vedono una prospettiva.
Se si fa leva su queste potenzialità e si premia il merito, certo con il tempo e gradualmente, qualche nodo può essere risolto e si può dare una prospettiva di sviluppo a questa nostra terra.
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