Né rabbia né rassegnazione ma un voto per il nostro futuro

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SICILIA – Ecco. Finalmente siamo arrivati all’epilogo della campagna elettorale siciliana nella quale tutti, o quasi, si sono dimenticati di tutto: della Sicilia e dei siciliani, dei loro problemi, delle loro angosce e delle aspirazioni dei giovani che continuano a scappare dall’Isola.

A prevalere, nei pochi confronti sui mass media e nelle singole apparizioni televisive dei candidati, sono stati gli scontri verbali, i veleni, i rancori e le reciproche accuse condite da improperi, contumelie, maldicenze e insulti anche personali.
L’unico argomento che ha occupato la scena della campagna elettorale è stato quello dei cosiddetti impresentabili, per il resto solo accenni sui massimi sistemi da parte dei candidati alla guida della Regione. Il professor Micari, dopo aver rispolverato il ponte sullo Stretto e fatto tanti incontri accompagnato dai ministri giunti in suo soccorso da Roma, ha chiesto di discutere (non so a chi) di fondi europei, di strade, di turismo e formazione; l’onorevole Musumeci, oltre a rivendicare la sua onestà e correttezza- che tutti gli riconoscono, anche se con qualche caduta di stile da parte del leader dei cinque stelle- ha ripetuto come un mantra che occorre sostenere l’impresa perchè è quella che può creare nuovo lavoro; l’onorevole Cancelleri, tra una strizzatina d’occhio e l’altra ad abusivi e precari, ha insistito sulla abolizione dei vitalizi e sul dimezzamento degli stipendi dei deputati; l’onorevole Claudio Fava  ha cannoneggiato sugli impresentabili, facendo nomi e cognomi di candidati con parentele pesanti e con collegamenti con Cosa Nostra e chiesto a tutti di mettere al centro la lotta contro la mafia; l’avvocato La Rosa, infine, il candidato a governatore che Lucia Annunziata con una battuta infelice ha definito “troppo piccolo” per meritare nella televisione di stato lo stesso spazio degli  altri candidati, avrebbe voluto parlare di Autonomia Speciale, forse per rilanciarla, ma questo sembra, alla luce del silenzio degli altri, un argomento tabù.
L’altro argomento che è stato completamente ignorato è stato quello dei cosiddetti cambia casacca perché, sostiene qualche maligno, costoro nel caso approdassero a Sala d’Ercole,  abituati come sono a cambiare maglia alla velocità della luce potrebbero tornare utili a chi vince, in considerazione del fatto che nessuno dei possibili vincitori potrà contare su una maggioranza autosufficiente. Quindi anche se il fenomeno del trasformismo ha assunto dimensioni preoccupanti è meglio “non disturbar il can che dorme”.
Per capire qualcosa in più dei propositi dei nostri “eroi” occorre leggere i “programmi” che tutti i candidati hanno presentato -anche se alla fine  della campagna elettorale- e messo on line.
Ma in questo elenco di problemi e di buone intenzioni sulle cose da fare non c’è nessuna indicazione sulla fonte dove attingere per le risorse economiche occorrenti – come se si potesse cantar messa senza soldi-; così come non si dice nulla sulle priorità e sui tempi di attuazione delle misure che si pensa di mettere in campo. A tal proposito nessun contributo è arrivato neppure dalla discesa in campo dei leader nazionali. Infatti l’ex premier, Matteo Renzi è approdato a Catania per pronunciare un discorso di sei minuti davanti a una platea di poco più di cento dirigenti e, immagino, per accendere un cero a Sant’Agata e chiedere alla Santa di fare un miracolo; l’ex cavaliere, Silvio Berlusconi, è venuto per riproporre la medesima ricetta di vent’anni fa, con l’unica novità dell’abolizione del bollo sulla prima auto; il capo del carroccio, Matteo Salvini in un impeto di generosità è approdato nell’Isola per verificare la corrispondenza degli orari dei treni in arrivo e in partenza dalle stazioni e per ricordarci che l’ottanta per cento della nostra rete ferroviaria è a binario unico; la numero uno di Fratelli d’Italia, l’onorevole Meloni dopo la performance alla 7 dove per sostenere Musumeci si è presentata con i simboli elettorali sulle spalle, si è fatta notare solo per la partecipazione alla cena nella quale è stato sancito il cosiddetto “patto dell’arancino”. Del governatore in carica -ancora per qualche giorno- si sono perse le tracce, forse perché l’onorevole Crocetta è troppo impegnato ad arginare la fuga degli elettori del Megafono verso i grillini e, naturalmente, non può andar come prima dietro a giornali e televisioni.
Quindi in una campagna elettorale caratterizzata da “colpi, affondi e tamburi come nella migliore tradizione dell’Opera dei Pupi” c’è da sperare che i siciliani non perdano l’occasione di andare a votare.
Disertare le urne equivale a fare un favore a chi ha foraggiato l’assistenzialismo e il clientelismo saccheggiando le casse della Regione; a chi ha girato la testa dall’altra parte davanti alla corruzione e alla mafia; a chi ha pensato solo ai suoi interessi e a quelli degli amici degli amici.
Non passa molto il convento, ma quel poco che passa  non penalizziamolo. Andiamo a votare per chi riteniamo abbia la faccia e le mani pulite; per chi pensiamo possa mettere in testa ai propri pensieri e alle proprie azioni gli interessi della Sicilia, di questa nostra terra eternamente sospesa tra incantesimo e maledizione.
Non facciamo prevalere rabbia e rassegnazione,rimbocchiamoci le maniche e non facciamoci rubare il futuro.
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