CATANIA – Tasse troppo alte, assenza della politica, burocrazia che rallenta ogni idea imprenditoriale, imprese costrette a chiudere o a delocalizzare: sono solo alcuni dei problemi riscontrati nell’analisi del mondo artigianale fatta da Orazio Platania, presidente provinciale di Upla-Claai.
Che momento vive l’artigianato?
«L’artigianato vive un momento drammatico, causa l’assenza di moderne leggi
che ne curino la tutela.
Negli ultimi cinque anni di governo non si è in alcun modo operato in favore dello sviluppo del settore. Con la forte crisi che attanaglia il nostro Paese, il Governo Crocetta ha, anzi, provveduto a bocciare qualsiasi proposta avanzata dalle associazioni di categoria attraverso motivazioni spesso aleatorie o giustificate dall’osservanza di direttive europee che hanno finito per spingere il settore nel baratro, in quanto non tarate per un paese basato su di un tessuto piccolo-medio imprenditoriale».
Si parla di ripresa, è soprattutto la politica nazionale a esporre numeri positivi. Lo stesso vale per la Sicilia?
«Siamo in piena campagna elettorale (anche nazionale) e l’ISTAT fornisce buone quantità di numeri attualmente positivi: il sospetto è che i segni resteranno positivi fino alle prossime elezioni politiche.
Successivamente saremo nuovamente calati nella realtà di ogni giorno: tasse, costi dei servizi in continuo aumento e aumento del debito pubblico.
Sappiamo perfettamente che, nel sud Italia, la situazione è anche peggiore».
Catania in che situazione si trova?
«Catania è un completo disastro. Non esiste un’area artigianale che, per una città come Catania dovrebbe coprire almeno tre aree metropolitane distinte.
Le imprese che desiderano sviluppare la propria attività nel proprio comune sono costrette a fuggire all’esterno. Catania è, oggi una delle città con la più alta percentuale di tassazione.
Le associazioni di categoria richiedono da molto tempo di incontrare il Sindaco per rappresentare ed affrontare il problema; tuttavia, tale richiesta è stata sempre disattesa. Per quale motivo gli ammonistratori locali non sono disponibili ad incontrare le associazioni di categoria?»
Siamo in un periodo caldo per la politica: cosa chiederebbe ai candidati per favorire il comparto da lei presieduto?
«Ai candidati presidenti e a tutti gli altri candidati vorrei chiedere di non dimenticare il comparto artigiano e della piccola e media impresa siciliana, così come ha fatto il governo Crocetta nel più totale immobilismo.
Vorrei chiedere di applicare la legge regionale n° 3/86 che racchiude tutto il mondo dell’artigianato».
Il tema infrastrutturale è stato debitamente analizzato dalla politica?
«Purtroppo il sistema infrastrutturale della Regione Sicilia non ha avuto le necessarie attenzioni dalla Politica. Il trasporto su gomma è ancora il sistema più utilizzato nella Regione. Tanti annunci sono stati lanciati per definire alcune delle più note opere incompiute: Siracusa-Gela, Catania-Ragusa e alcuni tratti delle autostrade storiche. Sulla efficacia della rete ferroviaria che attraversa la Regione, ogni commento risulta superfluo».
C’è il problema dell’abusivismo: come arginarlo?
«I conrolli spettano ai Comuni. Molto spesso si osserva la presenza di fiere, mostre, sagre, mercatini che utilizzano la parola “artigiano” e i suoi derivati per richiamare visitatori: la realtà è che altrettanto spesso si tratta di attività abusive, non registrate alle Camere di Commercio.
Il prodotto locale si promuove agevolando e favorendo chi è in regola e non certamente chi fa il furbo».
Quante imprese ha perso Catania e quante ne ha viste nascere negli ultimi anni?
«La Città di Catania ha visto nell’ultimo decennio la scomparsa di una notevole quantità di piccole e medie imprese artigiane sia a causa della crisi sia per l’aumento del regime di tassazione e sia per le notevoli difficoltà nell’accesso al credito. La quantità di nuove imprese è pressochè irrisoria».
Quali secondo lei i fatti concreti da attuare per rilanciare l’artigianato?
«Occorre la mitigazione del regime di tassazione e fiscale; una maggiore facilità di accesso al credito; la creazione di servizi telematici di internazionalizzazione del prodotto per territorio e la semplificazione della burocrazia».
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