Tre sono i problemi che hanno messo in ginocchio il trasporto su gomma nel Belpaese: elevati costi di esercizio, concorrenza sleale dei vettori dei Paesi dell’Est europeo e tempi di pagamento troppo lunghi. Pur di lavorare molti autotrasportatori viaggiano sottocosto con tariffe basse, mentre i trasportatori dell’Est europeo violando i tempi di guida, le disposizioni sul cabotaggio e avendo costi fissi inferiori praticano tariffe ancora più basse. Quindi, a causa di questa disparità di prezzo molti autotrasportatori italiani sono costretti a gettare la spugna. Ecco perché molti vettori italiani hanno dismesso l’attività. Eppure il trasporto su strada è un settore chiave per l’economia italiana: 84.500 aziende distribuiscono l’85,4 per cento delle merci che viaggiano nel nostro Paese, contro una media dell’Unione europea a 28 di 10 punti inferiore.
A complicare ulteriormente le cose si aggiungono 40.000 imprese prive di automezzi che svolgono essenzialmente un attività di intermediazione avvalendosi sempre più di vettori stranieri.
In Sicilia la situazione dell’autotrasporto è ancora più complicata a causa dei maggiori costi che gli autotrasportatori devono sostenere per l’attraversamento dello Stretto e per l’inadeguatezza delle infrastrutture viarie che li costringe per muoversi all’interno dell’Isola a tempi di percorrenza più lunghi e a maggiori consumi di carburante.
I costi che pesano maggiormente sul bilancio delle imprese del settore sono: il prezzo del gasolio che incide circa il 30 per cento del fatturato (il più alto in Europa), i pedaggi autostradali e il costo di esercizio per chilometro che, ad esempio, da noi è più alto rispetto a quello di tanti paesi europei.
A tutto questo si aggiunge il calo della domanda di trasporto conseguente alla crisi economica che – nonostante qualche timido segnale di ripresa che si registra soprattutto nel Centro Nord – nel Sud, invece, e in particolare in Sicilia continua a mordere pesantemente.
Arginare la crisi dell’autotrasporto ed evitare che altre aziende del settore chiudano è un dovere del governo. Intendiamoci in questi anni i governi che si sono succeduti (con attenzioni e sensibilità diverse e grazie alle azioni delle associazioni di categoria) il loro dovere l’hanno fatto stanziando risorse economiche significative.
Sono certo che il governo presieduto dall’onorevole Gentiloni non farà meno degli altri esecutivi. Ma questo potrebbe non bastare se non si affronta il nodo dei tempi di pagamento che in Italia sono quasi il triplo di quelli di altre Nazioni. Infatti, nonostante le disposizioni europee affermano che nelle transazioni commerciali tra imprese private il pagamento deve avvenire a 60 giorni dall’emissione della fattura (90 se c’è l’accordo tra committente e vettore) in Italia, invece, se non ci sono particolari intoppi e tutto fila liscio gli autotrasportatori vengono pagati entro un arco di tempo che va da 120 a 180 giorni.
Dispiace che questa e altre questioni non siano oggetto del confronto elettorale siciliano anche perché se è vero che alcune questioni sono di competenza del governo centrale è anche vero che ci sono problemi come quelli dell’attraversamento dello Stretto e dell’arretratezza delle infrastrutture viarie che chiamano in causa la regione e, di conseguenza, il nuovo governo e la nuova Assemblea regionale siciliana.
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