RAGUSA – Centomila quintali di uva raccolta che si trasformerà in circa 700-800 mila ettolitri. Anche in provincia di Ragusa il bizzarro andamento stagionale di quest’annata avrà ricadute negative, almeno per quanto riguarda la produzione. I cambiamenti climatici su scala globale stanno incidendo in maniera determinante anche sulle pratiche viticole delle aziende iblee; alcuni parametri climatico-ambientali – e, di riflesso, produttivi – si stanno modificando, mettendo in difficoltà i sistemi consolidati di misurazione previsionale dell’andamento produttivo.
I dati rilevati parlano di una forte variabilità quali-quantitativa non solo tra zona e zona, ma all’interno dello stesso territorio tra micro aree differenti e, addirittura, tra vigneto e vigneto. La qualità, nella maggior parte delle zone del territorio ragusano, si mantiene su standard ottimali, anche se è troppo presto per definire con certezza come evolverà al termine della vendemmia e nei prossimi mesi. Nonostante un calo produttivo stimato del 26%, potrebbe essere raggiunta anche la quota del milione di ettolitri, confermando comunque un miglioramento delle stime previsionali di qualche settimana fa.
Ma perché questo risultato in consistente diminuzione rispetto agli scorsi anni? “Le gelate dei mesi scorsi – afferma Giovanni Cugnata dell’Associazione giovanile Roccazzo, frazione rurale di Chiaramonte, una delle zone produttive più attrezzate della provincia di Ragusa – hanno attraversato pure il nostro territorio, “bruciando” molti germogli ormai già ben sviluppati, e quindi, purtroppo, non più in grado di fruttificare. Poi è stato il turno della siccità che ha messo a dura prova i vigneti che hanno dovuto subire anche una straordinaria ondata di caldo, iniziata sin da maggio, raggiungendo il suo apice nei mesi di luglio ed agosto, tanto che la colonnina del termometro ha fatto spesso registrare valori al di sopra dei 40°C. In più aggiungiamo che i terreni, negli ultimi anni, almeno per quanto riguarda le nostre zone, sono stati, per così dire, sfruttati all’osso per cui è naturale che gli stessi non abbiano, a volte, gli stessi rendimenti. Hanno bisogno di riposare. A ogni modo, non ci lamentiamo perché la qualità è ancora una volta eccellente. E i mercati di produzione, pure dall’estero, ricercano parecchio il nostro mosto”.Ieri, intanto, proprio a Roccazzo, per celebrare la vendemmia con la degustazione dei prodotti tipici della montagna, si è tenuta la Sagra dell’uva che, giunta alla 31esima edizione, ha fatto registrare presenze record (circa 35mila persone in due giorni). Un trionfo di sapori a cominciare dalla mostata e dalle “cuddureddi”, piatti della tradizione contadina che bisogna sforzarsi il più possibile di non fare finire nell’oblio.
di Giorgio Liuzzo
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