Chiamonte Gulfi a rischio dissesto idrogeologico?

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CHIARAMONTE GULFI (RG) – Sono passati più di due mesi dal vasto incendio di presunta origine dolosa che ha distrutto un pezzo consistente della pineta di Chiaramonte Gulfi. Tra l’1 e il 2 luglio scorso, in meno di 48 ore è evaporato un patrimonio ambientale unico: oltre 1000 ettari di vegetazione. Insieme ad esso tre aziende agricole distrutte dalle fiamme e diversi animali selvatici e da pascolo arsi vivi.

Chiaramonte Gulfi prima del disastro era uno splendido borgo incastonato nel verde, oggi è un ordinato insieme di case immerso in un luogo spettrale.
La pineta fu impianta nella seconda metà degli anni ’30 del secolo scorso (il primo nucleo risale al 1936). Bisognava tutelare la zona che circondava l’abitato di Chiaramonte: un territorio brullo, desolato, fortemente inciso dall’azione delle acque piovane, caratterizzato da cave, valloni e colline con versanti piuttosto ripidi e instabili e per questo fragile e franoso. La cosa più logica fu avviare un’opera di sistemazione idraulico forestale. Le radici dei pini, delle acacie e dei cipressi, messi a dimora in un’ampia zona dal corpo forestale, hanno consolidato nel tempo il suolo, impedito disseti, ma soprattutto hanno reso per decenni questo angolo dei Monti Iblei un luogo degno di essere definito incantevole.
Chi ha appiccato il fuoco non ha soltanto ucciso la memoria, non ha sfregiato la bellezza, ha commesso una atto ancora più efferato: molto probabilmente in quelle 48 ore infernali è stata riattivata l’instabilità di quei versanti. In quell’area ricadono le parti apicali di tre bacini idrografici: il Dirillo, l’Ippari, e l’Irminio. In queste zone l’acqua piovana – nei periodi di maggiore precipitazione: novembre, dicembre e gennaio – scorre con un carattere prevalentemente torrentizio cioè con una velocità delle acque variabile, caratterizzata da forti piene nel periodo piovoso e da estreme magre in estate: questo provoca negli alvei e nei versanti dei tre bacini fluviali profonde e continue trasformazioni morfologiche.
Dall’ultimo studio geologico che accompagna la schema di massima del nuovo PRG (porta come data ottobre 2016) nel comune di Chiaramonte Gulfi sono state censite 27 aree interessate da crolli, scorrimenti e frane. 12 di questi dissesti presentano un rischio medio alto e ricadono in alcune zone interessata dall’incendio, in particolare a Nord, a Est e a Sud dell’abitato. Adesso che l’apparato radicale delle piante andate in fumo ha perso forza nel trattenere il suolo e si va verso la stagione piovosa, cosa potrà accadere? La domanda è stata girata al Sindaco Sebastiano Gurrieri il quale ha voluto puntualizzare che al di la dell’origine del danno il vero problema è stata la mancata manutenzione del bosco. Secondo il sindaco tale mancanza “è scientificamente provata … i lavori per le linee taglia fuoco sono iniziati il 19 di giugno. A disastro compiuto ho subito chiesto alla regione il censimento e la bonifica delle aree incendiate insieme al riconoscimento dello stato di calamità seguito da un reale incentivo economico. La rilevazione è stata da poco terminata, ma la bonifica degli oltre 1000 ettari andati in fumo ad agosto si è fermata e non è ancora ripresa. Lo stato di calamità deve essere riconosciuto da Roma e con esso i relativi fondi per la bonifica e la riforestazione delle aree incendiate … …  siamo in attesa”. Parla con calma il sindaco, una tranquillità che non riesce a nascondere una punta di rabbia e una certa preoccupazione. Novembre è alle porte e con esso oltre alle elezioni regionali arriveranno le piogge. Le aree in dissesto si accontenteranno delle promesse elettorali che scenderanno copiose, oppure … ?
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