Capitale italiana della cultura, Ragusa e Modica si fanno la guerra

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RAGUSA – A ranghi sparsi. La provincia di Ragusa si spacca. Per conquistare un posto al sole, con la candidatura a capitale italiana della cultura 2020, l’area iblea, piuttosto che fare sistema, fa affiorare rancori mai sopiti, giocando sulla dicotomia tra il capoluogo e Modica.
Il caso fa discutere. La città della Contea non era riuscita, benché ne avesse l’intenzione, a presentare in tempo l’istanza per la candidatura. I termini erano scaduti. E allora che fare? La giunta municipale ha approvato nei giorni scorsi la delibera per aderire formalmente al progetto di candidatura del territorio della Sicilia orientale, attraverso la presentazione ufficiale da parte del Comune di Noto. Noto, in pratica, presenterebbe la propria candidatura, in quanto il bando contempla il fatto che a presentare il dossier e la domanda sia una singola città, mentre il braccio operativo sarebbe il distretto culturale del Sud Est quindi anche altri comuni tra cui Catania e Siracusa oltre, ovviamente, a Noto e Modica. Fin qui tutto bene se non risultasse che Modica concorrerà con Ragusa. Il capoluogo, infatti, a sua volta, ha deciso di presentare una propria candidatura autonoma, e i particolari sono stati illustrati in conferenza stampa venerdì mattina, condividendo questo percorso con il Libero consorzio comunale (ex Provincia regionale), la Camera di Commercio del Sud Est, la diocesi, la Soprintendenza di Ragusa, la Banca agricola popolare di Ragusa, la Struttura didattica di lingue e letterature straniere dell’Università di Catania che ha sede proprio in città. Insomma, Ragusa e Modica l’un contro l’altra armate per raggiungere l’obiettivo prefissato. Ma soltanto una delle due, al netto delle altre candidate, potrà raggiungere l’obiettivo. E perché Ragusa e Modica hanno deciso di non fare cartello? 
Bisognerebbe chiederlo ai sindaci. Anzi, l’abbiamo fatto ma ognuno scarica la responsabilità addosso all’altro. Gli interessi che ruotano attorno a questa candidatura sono molteplici. E non c’è da meravigliarsi poi tanto se si preferisce utilizzare qualche via non proprio usuale. Le ricadute, grazie al riconoscimento in questione, possono essere in termini economici, culturali, di immagine e sociali. Le ricadute turistiche sono particolarmente rilevanti specie per i centri poco visitati, mentre gli effetti in termini urbanistici sono molto variabili. Il budget medio negli ultimi anni supera i 60 milioni, con finanziamenti prevalentemente nazionali e locali. Il programma in questione si è nel tempo espanso, attraversando una serie di fasi distinte. Non è un caso che il riconoscimento faccia gola a parecchie realtà. In tutta Italia sono 46 città ad avere confermato il proprio interesse. L’adesione è stata formalizzata proprio il 15 settembre con un dossier di candidatura contenente il programma delle attività culturali previste, la struttura incaricata della elaborazione e promozione del progetto, una valutazione di sostenibilità-economico finanziaria, gli obiettivi perseguiti e gli indicatori che verranno utilizzati per la misurazione del loro conseguimento. La validità formale di ogni candidatura e i singoli dossier verranno esaminati da una giuria di sette esperti di chiara fama nel settore della cultura, delle arti e della valorizzazione territoriale e turistica per selezionare entro il 15 novembre 2017 le dieci città finaliste da invitare a un incontro di presentazione pubblica e approfondimento. La città Capitale Italiana della Cultura 2020 verrà scelta sulla base dei risultati di questi colloqui entro il 31 gennaio 2018. 
di Giorgio Liuzzo
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