La soluzione sono le PMI

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Il 21 agosto sulle pagine del Messaggero l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi è intervenuto sulla politica industriale italiana con un articolo dal titolo L’innovazione unica possibilità per le imprese.

L’intervento parte da una constatazione: “mi sono più volte chiesto come mai noi italiani, che non apparteniamo certo all’ultimo dei paesi industriali, non siamo stati inventori né siamo produttori di nessuno dei grandi prodotti di massa che hanno rivoluzionato la nostra vita negli ultimi decenni. Mentre nella prima generazione del dopoguerra siamo stati innovatori non solo negli scooter ma nei prototipi di computer e nelle più raffinate materie plastiche, negli ultimi decenni siamo usciti dalla scena delle grandi innovazioni.” Nonostante la premessa, apparentemente ingenerosa, l’ex premier non vuole ignorare quanto sviluppato sino ad oggi dai ricercatori italiani delle industrie e nelle università europee ed extra UE, bensì vuole porre l’accento sull’aria asfissiante che si è registrata in Italia in merito alla ricerca e allo sviluppo nelle imprese, Italia intesa quindi come sistema produttivo. Tutto ciò peraltro, come lo stesso ex premier ricorda, in un contesto in cui molte aziende italiane hanno prodotto piccole innovazioni di prodotto e nel processo produttivo che gli hanno consentito di restare competitive a livello internazionale.

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Per Prodi il problema risiede nel fatto che l’Italia difetta di grandi aziende innovatrici, la soluzione è però interessante e in parte inedita: in assenza di grandi imprese, il sistema italiano delle PMI dovrebbe introdursi nel processo produttivo delle grandi aziende internazionali innovatrici (l’esempio portato dall’ex premier è il caso dell’industria automobilistica elettrica di Tesla e GM), allo scopo di partecipare come produttori altamente specializzati di componenti.
Questa possibilità, che in ultima analisi è la possibilità di non perdere un treno, probabilmente l’ultimo, è anche quella di tanti altri settori propri dell’artigianato e delle pmi italiane: abbigliamento, tessile, mobili, ecc. Settori anch’essi soggetti ad importanti innovazioni tecnologiche e nuovi sviluppi nelle materie prime utilizzate.

Conclude l’ex premier: “Essendo senza giganti dobbiamo rafforzare i nostri produttori che, pur modesti per dimensione, posseggono ancora grandi potenzialità nella loro specifica nicchia di mercato. Dobbiamo cioè tenere conto del fatto che la politica industriale deve costruire in anticipo un futuro coerente con le caratteristiche del proprio paese e non rassegnarsi ad essere vittima del progresso altrui”.
A tratti sembra di leggere una posizione quasi rassegnata sulle PMI come uniche possibilità per il Paese. Ma forse poco importa se finalmente la politica italiana si è resa conto dei propri errori negli ultimi venti anni ed ha iniziato a comprendere che da strumenti efficaci e di supporto alle PMI potrà nascere non solo, come sostiene Prodi, un’economia di produttori di componenti, la quale a mio avviso dovrà vedersela con sistemi produttivi altamente specializzati e con costi del lavoro molto più bassi (basti pensare all’India), ma un’economia in cui le piccole e medie aziende italiane potranno ricercare, sviluppare e commercializzare nuovi prodotti, magari in partnership con le cugine europee ed extra europee. Se ci si pensa è questa una delle mission dell’Unione Europea. Ora però serve un sistema (non un Ente, per carità!), un network, che renda agili i rapporti infraeuoropei tra le varie PMI e un salto culturale in avanti, stavolta da parte delle piccole e medie imprese, che devono essere accompagnate e aiutate nel processo di innovazione.

 

di Giuseppe Emiliano Bonura

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