Dalle nature morte dei primi anni Sessanta, alle bagnanti degli anni Ottanta, che raccolgono la lezione di Cézanne, Matisse e Picasso. Infine le figure monumentali che rivisitano le iconografie della maternità e degli antichi miti greci.
La pittura intima e visionaria di Alberto Gianquinto – uno dei maestri del colorismo italiano, artista originario di Paceco (TP) ma nato e vissuto a Venezia (1929-2003), approda al Convento del Carmine di Marsala, dal 2 luglio al 15 ottobre, con la personale “Nello Studio. Opere 1960-2002”, a cura di Sergio Troisi. La mostra, organizzata dall’Ente Mostra di Pittura Contemporanea insieme agli Archivi Alberto Gianquinto, rende omaggio all’opera del maestro a distanza di quasi trent’anni dall’ultima esposizione nella sua terra di origine, dove fece frequentemente ritorno con prolungati soggiorni.
Spiega il curatore Sergio Troisi: “Artista appartato nonostante i numerosi riconoscimenti pubblici (tra cui la sala personale alla Biennale di Venezia del 1978) e la costante attenzione della critica, Alberto Gianquinto occupa una posizione singolare nell’arte italiana del secondo Novecento. Alieno da schieramenti e tendenze, con l’eccezione della adesione alla breve esperienza del gruppo Il Pro e il Contro nei primi anni Sessanta, Gianquinto è stato artefice di una pittura in cui la componente lirica e l’adesione alle cose quotidiane si manifesta congiuntamente alla memoria della grande arte del passato e alla partecipazione al proprio tempo storico”.
L’esposizione presenta 40 opere, molte delle quali di grandi dimensioni, in un percorso articolato per nuclei che, continuamente indagati nello spazio luminoso del suo studio, rivisitano gran parte della sua produzione: dalle nature morte dei primi anni Sessanta alle grandi composizioni del decennio successivo in cui oggetti e spazio assumono un forte valore di emblema, dai bagnanti che dagli anni Ottanta riallacciano la sua pittura alla grande lezione di Cézanne, Matisse e Picasso ai passaggi familiari di Asolo, sino alle figure monumentali che rivisitano le iconografie della maternità o degli antichi miti greci. Una pittura insieme intima e visionaria, in cui il colore – persino i suoi sontuosi e celebrati neri – svolge un compito centrale diventando architettura del quadro: con una stesura sapientemente variata e quasi musicale negli accordi cromatici e nel segno, ora rapida e abbreviata, ora più larga e distesa, in cui tonalismo tipico della pittura veneziana si intreccia alla tradizione della grande pittura moderna francese.
Orari di visite al Convento del Carmine: dal martedì alla domenica: 10-13 e 19-21. Chiusi tutti i lunedì, compreso Ferragosto.