A distanza di un anno dalle dichiarazioni alla stampa del Ministro Madia finalmente si legge una prima bozza della direttiva che dovrebbe dare avvio alla contrattazione nel pubblico impiego.
Verrebbe introdotto il “welfare aziendale” anche nel settore pubblico in analogia con il settore privato, dovrebbero valorizzarsi gli strumenti che concilierebbero i tempi di vita e tempi di lavoro al fine di garantire i benefici tanto per i lavoratori che per l’organizzazione in termini di produttività e di qualità dei servizi resi, unitarietà del contratto collettivo con la previsione di eventuali “parti speciali o sezioni dirette a normare taluni peculiari aspetti del rapporto di lavoro”, è quanto emerge dalla bozza della direttiva.
“È uno scenario sconfortante, dichiara Claudia Ratti, segretario generale Confintesa Funzione Pubblica, in cui questa classe politica non è stata in grado di avviare tempestivamente le trattative per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici e ora chiede ai quattro contratti nazionali di destinare all’aumento delle voci fisse tutti i soldi già stanziati (300 milioni sul 2016, 900 sul 2017 e 1,2 miliardi dal 2018), mentre ai trattamenti accessori legati a performance e condizioni di lavoro dovranno pensare le risorse ulteriori. Una coperta corta che, d’altra parte, non risolve il problema di compensare la perdita del «bonus Renzi» ai circa 200 mila dipendenti pubblici che hanno redditi fra 24 e 26mila euro”.
Nella direttiva si invita l’ARAN a negoziare la disciplina dei permessi ex L.104/1992 e di quelli per donazione di sangue prevedendo un congruo preavviso anche mediante una programmazione mensile.
“Come si può negoziare la disciplina di permessi riconosciuti dalla legge? Il Dipartimento della Funzione Pubblica non è nuovo a queste invenzioni” continua Claudia Ratti “ricordiamo la famosa Circolare Madia (n.2/2014) che prevedeva l’utilizzo dei permessi personali ai dipendenti pubblici per sottoporsi a visite specialistiche annullata dal Tar del Lazio con la sentenza numero 5714 del 2015”.
“I dipendenti pubblici – aggiunge – hanno aspettato la riforma del Pubblico Impiego ed il rinnovo del Contratto Collettivo che fornisca gli strumenti per valutare la professionalità, l’impegno, che ci sia una differenziazione tra chi lavora e chi si limita a timbrare, regolarmente, il cartellino. I dipendenti pubblici vogliono che ci sia una prospettiva di crescita economica di pari passo con la carriera ed invece a distanza di anni ci sono solo parole. Bisogna riformare, sperimentare, premiare e rischiare. Dobbiamo puntare ad una dirigenza seria che sia capace di creare un gruppo di lavoro, di un dirigente che sia riconosciuto come un vero leader, dove il gruppo (benché di dipendenti pubblici) lavora per raggiungere degli obiettivi”.
“La Federazione INTESA – conclude Claudia Ratti – ha già dato diffusione della proposta di piattaforma contrattuale perché siamo convinti che il Sindacato debba fare la propria parte ed è indispensabile che la burocrazia e la politica diano un’accelerazione per non perdere quel poco di credibilità che ancora resta”.