“Per molti, anche miei storici amici all’interno del movimento antimafia catanese, era come se mi fossi “venduto” all’amministrazione di Enzo Bianco. Mi hanno accusato di prendere uno stipendio, cosa ovviamente falsa. Ma io sono rimasto tranquillo, nonostante equivoci e fraintendimenti“. Renato Camarda, esponente di Libera e promotore del Comitato per la Legalità nella festa di Sant’Agata, si è dimesso questa mattina da presidente della Fabbrica del Decoro, il tavolo di confronto permanente tra assessorato Urbanistica e associazioni di volontariato cittadine sui temi, appunto, del decoro urbano.
Ma il motivo delle dimissioni, che in pratica certificano il fallimento del progetto, “non sono le accuse che ho ricevuto, anche comprensibili da parte di associazioni. Perché molti si aspettavano cambiamenti immediati e un atteggiamento diverso da parte del Comune. Altre associazioni hanno aspettato pazientemente e partecipato attivamente e con impegno. Ma non siamo idioti, eravamo lì per raggiungere dei risultati. Il mio mandato ufficialmente scadeva a marzo, e francamente ho troppe cose da fare piuttosto che inseguire ancora i funzionari comunali“, si sfoga Camarda, dopo un anno e due mesi vissuti a raccogliere critiche da un lato – molte delle 54 associazioni inizialmente iscritte hanno da tempo lasciato la Fabbrica -, e a cercare di produrre risultati dall’altro.
Eppure un anno fa il progetto era partito con ottimi auspici. “Avevo avuto precedentemente, come referente di Libera e del Comitato festa di Sant’Agata, delle risposte dal Comune di collaborazione vera. Magari non sempre totalmente soddisfacente nel risultato, ma l’impegno c’è stato“, spiega Camarda. L’impegno dell’amministrazione è mancato invece nella Fabbrica del Decoro, nonostante si tratti “di un progetto che aiuta innanzitutto il Comune, visto che per partecipare ai bandi europei e ottenere fondi l’apporto delle associazioni e della cittadinanza è obbligatorio. Il mandato di Camarda come presidente scadeva peraltro a marzo, ma è “rimasto in carica finora per decisione presa con il comitato di coordinamento: dovevamo completare il regolamento per i Beni Comuni“. Il documento, se approvato, disciplinerà l’accesso dei cittadini singoli e associati all’uso del patrimonio comunale, ma l’iter di approvazione è fermo da marzo per via di un cavillo relativo a un emendamento “all’articolo 20 comma 3, ovvero le forme di finanziamento per i cittadini che si aggiudicano la gestione di un bene comune. Per noi associazioni – prosegue l’ex presidente della Fabbrica -, è giusto che in presenza di un profitto dalla gestione il 50 per cento resti a chi gestisce il bene, anche per garantire la sostenibilità. Per alcuni dirigenti comunali no. Siamo anche stati disposti a mediare, ma aspettiamo da due mesi senza esito“. Ancora peggio è andata per il regolamento sul Decoro urbano, pronto da novembre dello scorso anno. “Ma adesso è superato dal regolamento sui dehors, considerato più urgente dall’amministrazione e che va a impattare sulla stessa materia”. I due regolamenti, attivando tavoli di co-progettazione e creando figure di raccordo tra le varie direzioni comunali, consentirebbero peraltro di far funzionare un organo consultivo come la Fabbrica del Decoro a pieno regime, eliminando le lunghe attese patite nel corso dell’anno. “Devono solo metterli al voto in consiglio comunale, e spero che le mie dimissioni sortiscano un effetto e che l’amministrazione si impegni”.
Camarda tiene infine a precisare che il problema non sia mai stato il rapporto umano con funzionari e dirigenti, “anzi, ci siamo sempre incontrati cordialmente, con molti si è instaurato un rapporto di confidenza. So bene – prosegue -, che per avere a che fare con una amministrazione pubblica ci vuole tanta pazienza. Ma non è serio dare appuntamenti e non presentarsi, oppure telefonare e non ricevere risposta. E il Comune deve affrontare la Fabrica del Decoro come una cosa seria“. Un esempio del rapporto con il Comune? “L’esempio sono tutti i sopralluoghi effettuati e gli incontri operativi che non sono mai divenuti “operativi”. Gli unici risultati sono stati qualche multa effettuata durante un giro in centro con il capo di gabinetto Beppe Spampinato e la rimozione dell’aiuola in via Penninello. Dove ora la situazione è peggiorata perché posteggiano le auto“, conclude l’ex presidente della Fabbrica del Decoro.