"Io che ho passato la Pasquetta in un centro commerciale vuoto"

In provincia di Ragusa arriva l'onda lunga delle proteste contro le aperture nei festivi

scale mobili
Foto Nigel Goodman (CC License)
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Il Lunedì dell’Angelo o la cosiddetta Pasquetta è appena passata e tutti sono rientrati alla vita di tutti i giorni. Ma c’è chi ha lavorato anche nei giorni festivi come i commessi dei centri commerciali che hanno tenuto aperti i negozi anche in assenza di clienti.

“Per tutta la mattinata di ieri – spiega Giovanni (nome di fantasia; ndr), un commesso di un centro commerciale nel Ragusano impiegato in un negozio di abbigliamento – non è venuto nessuno. Soltanto verso sera ha fatto capolino qualche cliente. Abbiamo passato – come succede molte volte – le festività a lavorare, il tutto per neanche 700 euro al mese e con turni che mediamente superano le 10 ore. Poi in periodo di saldi arriviamo a lavorare anche 12 ore e la vita sembra scorrere soltanto dentro il centro commerciale”.

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Il malcontento di Giovanni è comune: una generazione di ragazzi, poco più che trentenni, vive in un costante precariato che spesso rasenta il caporalato.

“Quando vi sono aperture nei festivi prosegue Valentina Firrincieli, lavoratrice in un centro commerciale ed esponente Cgil – viene meno la vita sociale dei dipendenti. Si rinuncia allo stare in famiglia e molti figli non vedono le mamme poiché queste ultime sono al lavoro. Ma la cosa più grave è che questi orari non sono retribuiti con la maggiorazione tipica dei festivi. Anzi vi è stato un incremento dell’utilizzo dei voucher nei centri commerciali e quindi la domenica o un lunedì di Pasquetta sono retribuiti come un giorno commerciale”.

Inoltre Valentina spiega che aprire nei giorni festivi per un centro commerciale non conviene: “La gente magari vede il centro commerciale come l’ultima tappa prima del ritorno a casa e non va per fare acquisti ma giusto per una passeggiata”.

centri commerciali

E così anche nella splendida provincia di Ragusa – terra ricca di meraviglie storiche e naturali – il centro commerciale ha cambiato le abitudini dei cittadini che molto spesso fanno la consueta passeggiata tra le luci ovattate e la musica a tutto volume dei negozi.

I sindacati si sono mobilitati e la Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno invitato i lavoratori del commercio e gli addetti di tutte le attività svolte nei centri commerciali ad astenersi dal lavoro durante le festività di Pasqua, Pasquetta, 25 aprile, primo maggio e 2 giugno.

“I lavoratori sono gli unici a pagare – spiega Giuseppe Scifo, segretario provinciale della Cgil di Ragusa – con turni massacranti tutte le domeniche e tutti i festivi a lavoro senza la giusta retribuzione: straordinari non pagati, flessibilità oraria, ricatti, esuberi e licenziamenti. Anche nella nostra provincia, nei grandi centri commerciali, la situazione risulta essere molto critica per ciò che riguarda la regolarità dei contratti di lavoro. Questa realtà rappresenta un altro tassello della precarizzazione del lavoro nella quasi assenza di tutele e diritti che rimangono sulla carta. Chiediamo che la legge in questione venga modificata, visti i risultati deludenti in termini di incremento dei consumi da parte delle famiglie che decidono di spendere non in relazione al fatto di trovare sempre aperti i negozi, piuttosto alla loro possibilità reale di fare acquisti”.

Sul tema è intervenuto anche il vice presidente della Camera Luigi Di Maio con un lungo post sui social: “Con l’eliminazione degli orari di chiusura degli esercizi commerciali ad opera di Monti e del Pd, si sono messe in competizione piccole botteghe e grandi centri commerciali, ognuno può restare aperto quanto vuole, scatenando una concorrenza al ribasso che ha ottenuto come unico risultato lo sfaldamento del nucleo familiare del negoziante e dei dipendenti, lontani dalla famiglia 7 giorni su 7. L’effetto sugli incassi è stato praticamente nullo, si sono spalmati gli stessi introiti su 7 giorni. Ma la qualità della loro vita è ulteriormente precipitata”.

Così quelli che l’antropologo francese Marc Augé chiama “non luoghi” (ossia spazi utilizzati per scopi molteplici, anonimo e stereotipato, privo di storicità e frequentato da gruppi di persone freneticamente in transito, che non si relazionano tra loro) sono diventati l’avamposto di uno stile di vita incentrato sul consumo e che sfilaccia i rapporti sociali.

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