Rinaldo, Orlando, Angelica, Peppenino, Gano di Magonza e il “saraceno” Ferraù. I pupi siciliani della tradizione catanese in scena all’auditorium Giancarlo De Carlo del Monastero dei Benedettini di Catania nel corso dell’incontro tenuto dalla compagnia dei Fratelli Napoli nell’ambito del progetto “Art to be actor – The experience of Giovanni Grasso”.
La recitazione dei pupi siciliani – questo il titolo dell’incontro – è stata una delle componenti dell’arte di Giovanni Grasso, l’attore siciliano che influenzò i grandi del teatro mondiale ai primi del Novecento e al quale è ispirato il progetto Art to be actor. Per questo motivo, i direttori artistici Marcello Cappelli e Lucia Sardo, hanno inserito nel laboratorio teatrale a cui partecipano 20 giovani attori uno stage con i fratelli Napoli, per apprendere l’arte della recitazione dei pupi che fu tanto importante nella formazione di Grasso.
L’incontro al monastero dei Benedettini è parte del progetto, seppure fosse aperto al pubblico. Ad assistere al racconto di Alessandro e Fiorenzo Napoli, della moglie e dei figli, un’ottantina di persone tra studenti universitari (grazie alla partnership con il Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania, per l’occasione rappresentato dalla professoressa Stefania Rimini), attori del laboratorio e tanti appassionati dei pupi siciliani.
I fratelli Napoli hanno ripercorso i tempi in cui Giovanni Grasso frequentava la compagnia, a inizio Novecento; poi la ricerca di “parlatori” e “manianti” che si davano appuntamento al solito bar per essere scelti per la stagione; e ancora, più avanti, i viaggi con la Fiat 1100 di famiglia, stracarica di persone e materiali di scena per andare in tournée.
Il racconto di una famiglia e di diverse generazioni di pupari catanesi, dagli albori sino agli anni della crisi degli spettacoli di pupi, dovuta più alla mancanza di spazi che di pubblico. Un percorso affascinante all’interno dell’arte dei pupi “in cui la famiglia Napoli è stata molto generosa e non si è affatto risparmiata – dice Marcello Cappelli, direttore artistico del progetto Art to be actor – The Experence of Giovanni Grasso -.
Alessandro ha approfondito il ruolo del “parlatore”, ci ha spiegato come trattare i testi nella recitazione, ci ha raccontato come e perché è nato il “pupo catanese”, le necessità della gamba rigida per via delle dimensioni più grandi rispetto ad altri pupi come quelli palermitani”.
Fiorenzo ha invece dato un assaggio dell’arte del teatro dei pupi. Insieme con gli altri, ha presentato tre scene dal vivo, spiegando e descrivendo i personaggi e la struttura della “narrazione pupara”, che vede sempre la presenza di un personaggio positivo e di uno negativo. A dimostrazione i Napoli hanno proposto tre scene della saga dei pupi catanesi, la prima con Rinaldo e Gano di Magonza, la seconda con il “saraceno” Ferraù, Angelica e Orlando, la terza con Peppenino e Orlando impazzito. Un assaggio autentico di questo teatro di tradizione e dei suoi mestieri.
C’è stato anche spazio per discutere della mancanza di uno spazio dedicato all’opera dei pupi a Catania, con l’ormai “eterna promessa” di un teatro al centro fieristico Le Ciminiere che ancora non si è concretizzata. Una opportunità per quest’arte che, con la volontà dell’ente Città metropolitana, potrebbe finalmente concretizzarsi dopo tante attese. Politica e burocrazia permettendo.