Con il 12% della superficie agricola utilizzata nazionale (Sau), l’Italia è fra i Paesi maggiormente interessati all’applicazione del metodo biologico in agricoltura (dati BIO in cifre 2016 – SINAB, 2017). Sicilia, Calabria e Puglia sono le regioni con la maggiore superficie occupata (46% dell’intera superficie biologica nazionale) e nelle quali sono presenti il maggior numero di operatori biologici.
A fronte di queste cifre, il consumatore è sempre più consapevole e, di fatto, spinge sempre più l’agricoltura verso un moderno concetto di sostenibilità che tenga conto di aspetti economici, ambientali e sociali. In quest’ottica, l’agricoltura biologica, proponendo nuovi modelli di prodotto, di distribuzione e di innovazione sociale, ha rappresentato negli ultimi anni una opportunità per gli agricoltori, incontrando il favore del mercato.
Delle potenzialità e delle criticità dell’orto-frutticoltura biologica, con particolare riguardo alla situazione siciliana, si parlerà giovedì 30 e venerdì 31 marzo, nel corso delle “Giornate Tecniche della Società Italiana di Ortoflorofrutticoltura (SOI)” che si terranno nell’aula magna del Polo Bioscientifico del dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania (Via S. Sofia, 100). I lavori si apriranno giovedì alle 11 con gli interventi inaugurali del presidente della Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana (SOI), prof. Massimo Tagliavini, del direttore del Di3A dell’Università di Catania, prof. Salvatore Cosentino, e del direttore tecnico del Crea Stefano Bisoffi. In questa occasione, tecnici, ricercatori, operatori e rappresentanti dell’Assessorato regionale dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione siciliana si confrontano sulle priorità di ricerca e innovazione di questo importante settore, sempre più importante – in termini di valore quanto di innovazione tecnica e scientifica – nell’ambito dell’intero comparto agricolo.
Se i dati testimoniano apertamente delle sue potenzialità, altrettanto evidenti emergono alcune criticità. “L’elevata intensità degli input necessari per sostenere le produzioni nei vari sistemi orto-frutticoli – spiega il prof. Francesco Giuffrida del Di3A dell’Ateneo di Catania, organizzatore dell’evento insieme con Giancarlo Roccuzzo del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi economica agraria (Crea) – determina infatti gradi crescenti di difficoltà nella corretta applicazione del metodo biologico”. La sensibilità del consumatore nei confronti dell’impiego di antiparassitari e l’impiego di metodi analitici sofisticati per quantificare i residui fanno sì che la protezione delle colture dalle avversità di natura biotica sia prioritaria per gli operatori del settore, come confermato dall’ampia disponibilità a livello commerciale di mezzi per la difesa in biologico.
“Ancora più complessa – aggiunge il prof. Giuffrida – è la gestione della nutrizione delle piante per la difficoltà di assecondare le esigenze delle stesse, sia in termini quantitativi che temporali, soprattutto nei sistemi colturali più intensivi che devono tendere a ottimizzare i livelli delle produzioni. Con riferimento a questo ultimo aspetto, le opzioni tecniche (scelte varietali o di ordinamento colturale, disponibilità di mezzi di produzione più idonei) appaiono meno articolate e riscuotono un interesse secondario da parte dell’agricoltore”.
E’ lo stesso Piano strategico nazionale per lo sviluppo del sistema biologico a chiamare direttamente in causa il mondo della ricerca, con il compito di affrontare le questioni più significative nel settore del biologico. Il Psn evidenzia, infatti, come sia necessario “…sostenere azioni che vedano il concorso attivo degli attori della ricerca scientifica e le realtà socio-economiche che operano nel comparto delle produzioni biologiche attraverso percorsi co-partecipati, multidisciplinari, caratterizzati da un approccio di ‘sistema’ con forte potenziale per garantire innovazione nei sistemi produttivi finalizzata ad aumentare la quota di valore aggiunto trattenuta dal settore primario e alla riduzione della variabilità dei risultati economici aziendali”.
Obiettivo di queste auspicabili sinergie dev’essere innanzitutto il rafforzamento delle filiere di produzione, insieme con il miglioramento genetico delle specie frutticole (inclusa la vite), orticole e cerealicole per l’agricoltura biologica mediante l’approccio partecipativo; lo studio di nuovi sistemi colturali per l’adattamento ai cambiamenti climatici; il rafforzamento e lo sviluppo delle produzioni ortofrutticole biologiche Mediterranee in ambiente protetto; il miglioramento dei modelli di trasformazione e commercializzazione; la riduzione dell’uso degli input di origine extra-aziendale per la difesa delle coltivazioni biologiche mediante la promozione dell’approccio agro-ecologico.