Dalle oltre 7mila imbarcazioni degli anni ’90 si è passati alle attuali 3mila, con appena 5mila addetti. Questi i numeri della crisi del settore pesca nell’isola, resi noti da Federcoopesca Sicilia. L’organizzazione legata a Confcooperative ha sollevato ormai da mesi il problema della sopravvivenza del settore “caratterizzato per la maggior parte dalla pesca di alalunga, pesce spada e tonno. Ovvero tre specie che per le quote stabilite a livello nazionale sono destinate all’80 per cento alle grandi navi, che sono nove in tutto“, spiega il presidente regionale dell’associazione, Nino Accetta.
Un problema per i piccoli pescatori siciliani, che è andato a paggiorare dallo scorso anno, con la legge 154 che ha introdotto pesanti sanzioni. “La legge deve essere rivista, perché è stata votata dal parlamento italiano che ha mal recepito le quote imposte dall’Europa. Per questo siamo stati a protestare a Roma lo scorso 28 febbraio”. La normativa ha introdotto delle multe che vanno da 25mila a 150 mila euro “che non sono sostenibili anche per i proprietari di piccole imbarcazioni dal valore di 30 massimo 40mila euro“, afferma Accetta. E l’eventualità di essere fuori dalle regole non è così remota. “Basta che se si ritrovino in rete tonni e pesci spada appena sottomisura. Ci vogliono dei limiti alla pesca, ma è chiaro che queste sanzioni sono sproporzionate e a carico soprattutto di chi non è responsabile dell’impatto ambientale, vista l’esigua quantità di pescato. Una situazione che porta solo all’aumento dell’illegalità”.
Secondo i dati di Federcoopesca, in questi anni oltre al numero degli addetti è diminuito anche il pescato. “Siamo passati da 400mila tonnellate alle attuali 180mila. E il dato – prosegue Accetta – è destinato a scendere ancora quest’anno. Merluzzi, gamberi e triglie sono in sofferenza nel Mediterraneo. E quest’anno dovrebbe iniziare la ricostituzione del pesce spada, un processo che andrà avanti per 15 anni, con conseguente calo delle quote di pesca già basse per le 849 imbarcazioni autorizzate. Stesso di scorso per l’alalunga”. Per ogni imbarcazione la quantità di pescato non può infatti superare “alcune migliaia di chili l’anno, e per chi non è in possesso delle quote, pesca esemplari perfettamente a misura e con attrezzature perfettamente in regola, si possono poi mettere in commercio sono 900 chili. Praticamente per pesci così grandi si tratta di 6 pesci l’anno”,aggiunge il funzionario di Federcoopesca Antonio Presti.
“Questa situazione – prosegue Accetta – va avanti dal 2000: in quell’anno furono decise le quote queste andarono in proporzione a chi aveva un grande fatturato e quindi un grande quantitativo di pescato. Noi non abbiamo nulla contro le grandi imbarcazioni – prosegue -, ma è chiaro che le regole europee sono state fatte senza considerare la differenza tra la pesca nell’oceano, nel Baltico e nel Mediterraneo. Per la nostra realtà, dove la pesca è stagionale, è difficile dimostrare di poter pescare quantità di un certo pesce. Con la conseguenza che viene negata anche quella piccola che basta per la sopravvivenza di una famiglia di pescatori”
Unica nota positiva di un quadro disastroso potrebbe venire dalla fine della ricostituzione del tonno rosso “Quest’anno, il 2017, dovrebbe finire il piano di ricostituzione del tonno rosso. Speriamo quindi in una distribuzione più equa delle quote. Ma è tutto ancora da stabilire”, conclude il presidente di Federcoopesca Sicilia.