Una molecola naturale in grado di riparare i neuroni danneggiati, così da aiutare persone con deficit cognitivi. Un enorme passo in avanti per le persone affette da sindrome di Down, nelle quali la disabilità intellettiva è tra le conseguenze più evidenti dell’alterazione dei cromosomi. È il resveratrolo, un polifenolo estratto da tè verde e uva rossa, al centro di alcuni studi negli Stati Uniti e in Spagna e, adesso, anche del Cnr di Bari. Per presentare i risultati della ricerca, la sezione catanese dell’Associazione italiana persone Down ha organizzato un convegno il 22 marzo, dalle 16, all’interno dell’ospedale Garibaldi-Nesima.
“È una ricerca molto nuova, ne parlerà con noi Rosa Anna Vacca, la ricercatrice che sta studiando gli effetti del resveratrolo“, spiega Aida Fazio, presidente dell’Aipd etnea. “In Spagna è stata fatta una sperimentazione su 84 giovani adulti Down – prosegue – I risultati dicono che è andata molto bene. I benefici riguardano i deficit cognitivi e della parola; questo polifenolo porta le cellule danneggiate a livelli normali di attività“. E, elemento da non sottovalutare, “non ci sono effetti collaterali“.
Il trial clinico in Italia coinvolgerà anche l’università di Bologna e in Spagna è già in commercio un farmaco, chiamato Fontip, che ha il costo di 22 euro. “Però in Italia ancora si fa fatica a trovare informazioni sul resveratrolo e sui benefici per le persone con sindrome di Down“, riflette Fazio. “La dottoressa Vacca è molto ottimista. Ma, come sempre in Italia, il problema è che servono fondi“. Soprattutto per quanto riguarda le anomalie genetiche, che ricevono scarsi finanziamenti anche dai privati. “I nostri ragazzi sono sani dal punto di vista clinico: quale casa farmaceutica può essere interessata?“, si chiede.
Per lungo tempo ricerche più o meno valide hanno illuso centinaia di famiglie. “I viaggi della speranza erano fondati su sostanze chimiche con effetti collaterali molto forti“, ricorda la presidente dell’Aipd. Il figlio Pietro, che ha la trisomia 21, oggi ha 49 anni. “Quando ne aveva sette abbiamo provato un siero tratto dalla pecora al secondo mese di gestazione. Costava un milione di lire a fiala. Ne abbiamo fatte tre, venivano iniettate con un ago enorme“. Eppure nessun cenno di miglioramento è arrivato. “Siamo molto scottati e scettici da quanto vediamo costantemente – ammette Fazio – Ma questo studio mi dà speranza“.
A dare fiducia alle famiglie di persone con sindrome di Down è, oltre il valore dello studio, anche il curriculum e la storia personale della ricercatrice che lo sta portando avanti. “Rosa Anna Vacca è una scienziata ed è anche mamma di un ragazzo Down – precisa Aida Fazio – Sta lottando per suo figlio“. Ma la responsabile dell’associazione, da 27 anni attiva nel territorio a supporto di ragazzi e familiari, precisa: “Non siamo madri-coraggio, siamo madri – prosegue – Tutto quello che facciamo è perché abbiamo messo al mondo un figlio“.