Sabina Berretta, direttrice dell'Harvard Brain center. "A Catania fui scartata anche come bidella"

La neuroscienziata catanese ha raccontato in una lunga intervista a Repubblica la sua storia, partendo dagli studi e dalle prime esperienze di ricerca a Catania. "Per le mie ricerche non mi pagavano, tanto che provai a entrare nell'istituto dove lavoravo da volontaria come bidella. Non mi hanno preso", racconta al quotidiano

Sabina Berretta
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Si chiama Sabina Berretta, è una neuroscienziata di Catania, e a Boston dirige il presigioso Harvard Brain tissue resource center del McLean Hospital, la più grande “banca di cervelli” del mondo. La sua storia è stata raccontata oggi dal quotidiano la Repubblica. Nella lunga intervista Berretta racconta la sua esperienza in città quando, prima di intraprendere gli studi in medicina, aveva deciso di insegnare ginnastica, studiando all’Isef.

Fu preparando la tesi dell’ultimo anno – racconta Berretta a Repubblica – che scoprii la mia vocazione. Il professore che insegnava fisiologia all’Isef era un docente di medicina. Entrai nel suo laboratorio dove facevano studi sul cervelletto. Capii subito che era quello che m’interessava davvero. Misi da parte lo sport e cominciai a studiare medicina a Catania”.
Dopo la laurea, Berretta intraprende la strada della ricerca scientifica, affrontando un duro precariato, prima di approdare in America.

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Le ricerche – racconta la studiosa a Repubblica – nessuno me le pagava: ero una volontaria. E anche da laureata non c’era posto per me. In quell’istituto si liberava però un posto da bidello. Non vinsi nemmeno quel posto: eravamo troppi a farne richiesta“.

Il successo professionale all’estero l’ha portata oggi, 56enne, a dirigere un gruppo di una ventina di persone nella “banca dei cervelli” della più prestigiosa Università americana. Ma sull’inizio della sua esperienza negli Stati uniti racconta: “Succede continuamente, i ricercatori vanno in America per fare i lavori da laboratorio che non vengono pagati. I più bravi vengono assunti: e siccome a casa non hanno prospettive, molti fanno come me e restano“.

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