La sconcertante conclusione dell’audizione dell’amministratore unico di Riscossione Sicilia Antonio Fiumefreddo in commissione bilancio dell’Ars, presieduta da Vincenzo Vinciullo, pone una serie di interrogativi su quanto sta accadendo nei luoghi della politica, negli studi televisivi e, soprattutto, dietro le quinte.
Ci si chiede se c’è una cabina di regia (un tavolino, si diceva una volta) che si è posta come obiettivo la disarticolazione dell’amministrazione regionale, per renderla inaffidabile, impotente, non credibile e quindi attaccabile da poteri che perseguono da sempre l’indebolimento della Sicilia per sottrarle risorse e potenzialità e per impedirne lo sviluppo.
Già la Sicilia è stata spogliata del suo sistema di banche locali (Cassa di risparmio, Banco di Sicilia) che, pur con tutte le distorsioni gestionali e clientelari che a suo tempo sono state rilevate e poco combattute, tuttavia erano vicine al mondo imprenditoriale isolano ed alle sue esigenze.
Adesso tutti i risparmi dei siciliani sono nelle mani di banche del nord. Se un siciliano vuole investire nell’isola, avviare un’attività di piccola e media impresa, si deve rivolgere a banche che vengono da tutte le parti dell’Italia e dell’Europa e che perseguono i loro interessi, non certo quelli della Sicilia.
Dopo i risparmi, dare anche la riscossione delle tasse e quindi tutte le risorse dei siciliani a società esterne alla Sicilia comporta la totale cancellazione dell’autonomia, significa la totale dipendenza da altri.
Colpisce la denuncia di Fiumefreddo che non è stato consentito neanche l’accesso ai funzionari di Riscossione Sicilia in determinati “sancta sanctorum”. Chi vuole che questa azione non continui? Chi viene disturbato? Chi vuole proteggere chi?
E’ questo anche l’obiettivo dei deputati regionali che si sono resi protagonisti nella sostanza di un atteggiamento che punta a spogliare la Sicilia dalle sue prerogative? Riscossione ed autonomia: che fine faranno?
L’infuocata campagna elettorale per le prossime elezioni regionali avrà certamente come tema centrale anche l’autonomia siciliana. A questo punto è ancora da difendere ancorché spogliata dai suoi contenuti e ridotta ad una mera formalità?
E gli attacchi sono solo esterni? E cosa possono e debbono fare i deputati regionali?
I contrasti istituzionali tra governo regionale e assemblea, in particolare con la presidenza, non richiedono perlomeno una revisione delle norme che regolano tali rapporti per consentire una governabilità più aderente alle esigenze attuali? Si eviterebbe, così, che il parlamento siciliano faccia norme che, come è stato per il passato, determinano vantaggi per i deputati e per i superdirigenti (vitalizi ed altro).
A meno che non si voglia ancora rimanere attaccati a poltrone e privilegi in dispregio dei siciliani.
Peraltro Vinciullo, dicendo “questa è casa mia”, parlando di Palazzo dei Normanni, sede dell’assemblea siciliana, è stato assolutamente chiaro. Nella foga del contrasto con Fiumefreddo ha tirato fuori il suo “onorevol-pensiero”.