Giuseppe Girlando, l’ex assessore al Bilancio del comune di Catania, per il quale è pendente la richiesta di rinvio a giudizio per tentativo di corruzione, si rifà vivo e dà una sua versione dei veri motivi per cui è stato fatto scoppiare il caso.
“Credo che far scoppiare il caso utilizzando argomentazioni assolutamente estranee alle vere dinamiche che avevano portato al fallimento della Simei è servito per lo meno a due scopi: creare un distrattore che spostasse su altri, in questo caso sull’amministrazione comunale, le responsabilità del fallimento, e strumentalizzare l’intera vicenda a fini politici“.
Dice ancora Girlando, facendo, adesso, mea culpa del suo comportamento: “È vero che tutto nasce da una mia reazione eccessiva, di cui non posso che scusarmi ma vorrei anche ricordare, appunto, che quello sfogo fine a sé stesso, senza alcun interesse personale, come peraltro mai ipotizzato dalla Procura, è arrivato in un contesto di particolare tensione. Durante i tre anni di assessorato mi sono sempre e costantemente impegnato a tutelare il comune di Catania. Sentirsi addosso, senza colpe, il peso della vicenda Simei, è stato un autentico choc. Umano, prima di tutto”.
Forse è stata proprio questa reazione che ha indotto un rappresentante della Simei a denunciare l’accaduto alla magistratura che ha fatto partire l’inchiesta, coordinata dal sostituto Fabio Regolo.
La Simei aveva in corso con il comune una transazione per circa 4 milioni di euro. L’accusa sostiene che Girlando gli avrebbe chiesto la intercessione su un consigliere dell’opposizione per “non fargli ostacolare l’approvazione da parte del consiglio comunale della delibera di giunta su ‘Sostare'”. L’evento non si sarebbe verificato per “la resistenza della persona offesa”.
Secondo l’ex assessore Girlando la Simei “si trovava in stato di insolvenza e a un passo dall’essere dichiarata fallita già a fine 2015”. Così, sostiene in una nota esplicativa.
“Il 10 novembre 2015 davanti al giudice fallimentare – aggiunge – tutti i suoi 51 dipendenti insistevano per la dichiarazione di fallimento. Per scongiurare l’inevitabile veniva presentata il 12 novembre 2015 una domanda di concordato in bianco con riserva completata poi il 21 marzo 2016. E’ in quel periodo – ricorda l’ex assessore al Bilancio – che i funzionari del comune di Catania chiedevano ad Enelsole, capogruppo dell’Ati di cui faceva parte la Simei, di sottoscrivere l’accordo transattivo. Ma proprio Enelsole prima non si presentò all’incontro per la sottoscrizione della transazione e poi, a distanza di tempo, chiese sostanziali modifiche che di fatto riavviarono tutta la procedura”.
“Contrariamente a quanto sostenuto dalla Simei – afferma ancora Girlando – la mancata sottoscrizione dell’accordo transattivo non è in alcun modo addebitabile al Comune di Catania, ma al rifiuto della capogruppo Enelsole”.
“In seguito il tribunale di Catania – conclude – con sentenza n.123 del 14 luglio 2016 ha dichiarato il fallimento della Simei per ‘il difetto originario dell’attestazione’, la ‘sostanziale elusione della disciplina’ la cui ‘ratio è evitare che, attraverso lo strumento concordatario, si realizzino abusi consistenti nella dismissione di beni in favore di terzi a prezzi non competitivi o inferiori a quelli di mercato'”