Un’agricoltura a due velocità; una perdita del 40% di addetti in 10 anni; un’evasione contributiva e salariale del 25%. È il quadro del settore agroalimentare in provincia di Catania, emerso dal 6° congresso della Fai Cisl di Catania, svoltosi ieri. L’appuntamento quadriennale per rinnovare gli organismi istituzionali ed eleggere la nuova segreteria.
Alla guida della federazione è stato confermato Pietro Di Paola; al suo fianco, i nuovi segretari territoriali Debora Pastore e Giuseppe La Spina. Al congresso hanno partecipato Silvano Giangiacomi, segretario nazionale Fai Cisl; Calogero Cipriano, segretario generale Fai Cisl Sicilia; Rosario Portale, segretario territoriale Cisl Catania.
“L’agricoltura a Catania va a due velocità – conferma Di Paola – la più rapida, con eccellenti tecniche di lavorazione e trasformazione, genera produzioni di qualità; la più lenta e, purtroppo, più consistente, in cui il lavoro agricolo scarseggia e lavorare i campi diventa improduttivo, perché non abbastanza remunerativo. Ed è qui che registriamo un calo significativo degli addetti, circa 30mila fino al 2015: con una perdita del 40 per cento in 10 anni”.
“Il bracciante oggi sopravvive grazie all’indennità di disoccupazione agricola – aggiunge – mentre registriamo un aumento del fatturato delle imprese, ciò conferma la crescita dell’evasione contributiva e salariale, quantificata nel 25% circa. Più che caporalato, esiste una forma di sfruttamento caratterizzato dal sottopagamento: aziende che, con comportamento scorretto e sleale nei confronti di chi applica i contratti gareggiano al ribasso della paga, confortati da un’abbondante richiesta di manodopera anche straniera”.
“Nei settori forestale e della bonifica – ricorda Cipriano – aspettiamo ancora le leggi regionali di riordino, per abbandonare la funzione assistenziale e parlare di un nuovo sistema agro-ambientale-forestale; per una vera salvaguardia del territorio, dell’ambiente e una vera politica delle acque, e inoltre per la lotta al dissesto idrogeologico e alla desertificazione”.
Un’opportunità da cogliere è la programmazione 2014-2020 e puntare alla prospettiva di una compartecipazione nelle decisioni d’impresa. Secondo Giangiacomi “occorre un salto di qualità nelle relazioni, in quelle sedi in cui si disegna la politica di sviluppo rurale, a cominciare dalle regioni”.