Primo incontro di presentazione del “Laboratorio donne e mafia”, curato da Simona Laudani, con l’intervento della dott.ssa Marzia Sabella, venerdì 3 marzo, alle ore 16.30, nell’auditorium “Giancarlo DeCarlo” ai Benedettini di Catania.
Le donne all’interno di Cosa Nostra per decenni sono state custodi dell’omertà e garanti dei disvalori mafiosi. E oggi? È ancora così? O tendono ad assumere ruoli sempre più rilevanti e di primo piano dentro le mafie? Si è dinanzi ad un processo di emancipazione negativa, una drammatica omologazione ai modelli maschili più violenti?
Ne parlerà Marzia Sabella, per diversi anni magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. Ha seguito numerose indagini di mafia, partecipando anche alla cattura di Bernardo Provenzano. Attualmente è consulente della Commissione Parlamentare Antimafia. Per Einaudi ha pubblicato “Nostro Onore” (2014, con Serena Uccello).
Il laboratorio è organizzato da Università di Catania – Dipartimento di Scienze Umanistiche,in collaborazione con Fondazione Giuseppe Fava, UDI, CGIL . Le altre lezioni si terranno nei giorni 10,14,17,24 marzo e 3 aprile 2017.
Il laboratorio intende ricostruire i cambiamenti che il ruolo delle donne ha conosciuto nelle organizzazioni criminali. Per decenni parlare di donne di mafie ha significato occuparsi di vittime della mafia o di donne che si erano ribellate. Dopotutto si trattava di organizzazioni fortemente connotate da codici culturali maschili. Le donne si collocavano sullo sfondo: c’erano ma non si vedevano, erano “donne ombra”. Si pensava che le donne, nelle organizzazioni mafiose, non potessero agire autonomamente e individualmente.
Ma a partire dagli anni ’90, a causa dei gravi colpi inferti dalla magistratura, le donne sostituiscono i mariti e i fratelli nell’attiva gestione del business criminale. Inoltre le mafie rispecchiano sempre, seppure in maniera distorta, la società circostante. Così il ruolo della figura femminile dentro le mafie è ormai cambiato. Da gregarie, complici e conniventi a protagoniste della scena criminale. Nei clan si femminilizzano compiti prima appannaggio esclusivamente degli uomini.
Le donne diventano intestatarie di società a fini di riciclaggio di denaro sporco, praticano l’usura, gestiscono attivamente patrimoni, impartiscono ordini a molti uomini, partecipano agli agguati mortali, gestiscono piazze di spaccio e business delle estorsioni. Scalano i vertici della piramide criminale. Dinamiche interne alla criminalità, mutamenti sociali e di costume sembrano delineare un nuovo, oscuro e drammatico rapporto tra donne, violenza ed “emancipazione”.
Parallelamente a questi processi interni alle organizzazioni mafiose, le donne siciliane avviano importanti iniziative di lotta e di contrasto contro lo strapotere mafioso. Un cammino che porterà nuove generazioni di donne a schierarsi apertamente contro la violenza mafiosa, anche dentro cosa nostra (testimoni di giustizie, madri coraggio, figlie ribelli…).
Il corso prevede un numero complessivo di sei incontri di 3 ore ciascuno. La frequenza è obbligatoria per almeno 4 delle 6 lezioni.