Una perfetta fusione tra pentagramma e drammaturgia coreutica, per ricreare sulla scena il miracolo di una fiaba che parla alla sensibilità di piccini e adulti, descrivendo lo stupore del passaggio dall’infanzia all’adolescenza. È la magia che rende unico “Lo Schiaccianoci”, celeberrimo capolavoro del balletto tardoromantico, che affida la musica immortale di Čajkovskij alla magistrale coppia Petipa e Ivanov, autori della coreografia rinverdita da Gorskij una ventina d’anni dopo la prima assoluta del 1892. È questa versione ultraclassica, e al tempo stesso fresca e smagliante, che verrà messa in scena al Teatro Massimo Bellini di Catania dal prestigioso Balletto dell’Opera Nazionale di Odessa nelle sette rappresentazioni previste dal 17 al 23 febbraio.
Sul podio dell’Orchestra del Teatro Bellini il maestro Paolo Paroni, applaudito nei maggiori teatri del mondo e dal 2014 Direttore Ospite Principale del New Yotk City Ballet. L’allestimento si avvale delle scene di Olena Gavdzinskaya e dei costumi di Nadya Shvets. Nei ruoli principali si alterneranno due coppie di primi ballerini: Maria Polyudova e Vladimir Statnyy, Elena Yelizarova e Andrii Pisariev.
Interessante è ripercorrere la genesi di questo “balletto fantastico” tra i più amati e giustamente celebrati. Nei primi anni Novanta dell’Ottocento, Ivan Vsevoložskij, direttore del “Mariinskij”, il Teatro Imperiale di San Pietroburgo, commissionò a Čajkovskij la composizione di un nuovo balletto dopo il successo riscosso con “La bella addormentata”.
Il compositore si ritrovò a collaborare con il coreografo francese Marius Petipa, primo maître de ballet del balletto imperiale, il quale gli propose come soggetto “Histoire d’un casse-noisette”, ovvero l’adattamento edulcorato e meno “noir” che Alexandre Dumas padre aveva tratto dal racconto “Schiaccianoci e il Re dei Topi” (“Nussknacker und Mausekönig”) del tedesco Ernst Theodor Amadeus Hoffmann.
Nel libretto, scritto dallo stesso Petipa insieme a Vsevoložskij, la storia fu semplificata notevolmente rispetto all’originale, per essere il più adatta possibile alla narrazione con musica e balletto in due atti. La composizione andò relativamente spedita, anche se ci furono interruzioni per alcuni viaggi di Čajkovskij e per incomprensioni sorte con Petipa, che voleva esercitare molto controllo sulla realizzazione del balletto.
Il 18 dicembre del 1892 “Lo Schiaccianoci” ebbe la sua prima al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo. L’orchestra era diretta da Riccardo Drigo, compositore e direttore originario di Padova che trascorse buona parte della propria vita a San Pietroburgo. Durante la fase di preparazione delle coreografie Petipa si era però ammalato. Perciò, da tempo, si discute se al momento del debutto le danze fossero state coreografate in tutto o in gran parte da lui, o piuttosto dal suo assistente russo Lev Ivanov, altro grande coreografo con il quale avrebbe aveva già realizzato “Il lago dei cigni”.
Dopo un esordio non proprio felice, “Lo Schiaccianoci” ha conosciuto una vera e propria marcia trionfale, con innumerevoli versioni che hanno reso familiare nel mondo la delicata storia iniziatica di una bimba che diventa donna. È l’indimenticabile notte di Natale di Maria (Clara per i russi), che in sogno vede trasformarsi in un bellissimo e valoroso Principe il dono ricevuto dal padrino Drosselmeir. Il regalo è un buffo giocattolo: un omino di legno in divisa militare, con la bocca aperta e un meccanismo che la chiude di colpo per rompere le noci: un pezzo da “tavola” ottimo per accendere l’immaginazione dei bambini.
Da Petipa a Balanchine a Nureyev, le diverse interpretazioni hanno calcato la mano ora sull’aspetto onirico ora su quello psicanalitico o puramente magico, se non diabolico, recuperando le cupe atmosfere del “racconto” di Hoffmann, il creatore di Coppelius, e rendendo più paurosa la battaglia contro il Re dei topi e il suo esercito. Altre edizioni hanno puntato sulla variegata gamma delle danze, da quelle di carattere al trascinante Valzer dei fiori, fino al suono della rarefatta celesta che guida le movenze della Fata Confetto.
Allo spirito iniziale di fiaba lieve, che caratterizza le prime versioni di Petipa-Ivanov-Gorskij, torna – come si è anticipato – l’edizione proposta dall’ucraino Balletto dell’Opera Nazionale di Odessa, che ha la sua sede presso il prestigioso Teatro dell’Opera sul cui palcoscenico si sono esibite le massime dive del balletto russo, da Anna Pavlova a Galina Ulanova e Maya Plisetskaya. Per quasi tutto il Novecento, e dunque prima dell’indipendenza dell’Ucraina, la compagnia era riconosciuta come una delle più prestigiose istituzioni di balletto classico di tutta la Russia e vanta a tutt’oggi un ricchissimo repertorio che ha l’onore e l’onere di custodire, in particolare, la preziosa eredità dei grandi balletti russi, senza peraltro trascurare le altre importanti scuole europee.
La compagnia ha dunque sempre avuto in repertorio i capolavori classici, dalla “Sylphide” di Bournonville a “Giselle”, da “Don Chisciotte” e “La Bayadère” musicati da Minkus alla triade ciaikoskiana “La bella addormentata”, “Lo Schiaccianoci” e “Il lago dei cigni”, per giungere ai titoli novecenteschi coreografati sulle partiture di Prokof’ev, Stravinskij, Falla e Šcedrin. Il corpo di ballo è costituito dai migliori elementi laureati nelle prestigiose scuole coreografiche ucraine e russe. Nel corso degli anni, anche grazie alle numerose tournée in tutto il mondo, il Balletto dell’Opera Nazionale di Odessa ha conquistato una reputazione internazionale di primo piano, che accresce l’attesa per la performance etnea.