Sono 54 le aggressioni registrate nei presidi sanitari catanesi: un dato preoccupante. E tale preoccupazione non diminuisce se questa entità è in linea con quanto accade negli ospedali del Sud. Anzi è motivo di riflessione che riguarda soprattutto l’organizzazione della sanità nella nostra isola ed a Catania. E questo appunto è diretto proprio ai dirigenti sanitari.
Non può accadere ai Pronto soccorso quello che si verifica all’aeroporto di Catania: i parenti, in quantità da stadio, in aeroporto, pronti a fare la “ola” non appena arriva un figlio, un nipote e quant’altro, così non può accadere anche al pronto soccorso, quantomeno per i problemi di igiene facilmente intuibili all’interno di una struttura sanitaria. Non è possibile: signori direttori , dovete darvi da fare, e non solo per questo.
Ma andiamo al contenuto della conferenza stampa di stamani del procuratore Zuccaro, del questore Cardona, del capo della squadra mobile Salvago e della sostituta procuratrice.
Tutti individuati i componenti della spedizione che , aiutati da un dipendente del 118 che ha aperto loro la porta, sono arrivati ad aggredire l’1 gennaio scorso il medico di servizio al Pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele: Mauro Cappadonna, Salvatore Di Maggio, Federico Egitto, Santo Guzzardi, Giuseppe Tomaselli, Luciano Tudisco ed Angelo Vitale. Il primo, al momento è agli arresti domiciliari.
Le immagini delle telecamere di sorveglianza hanno da un lato consentito di identificarli e dall’altro hanno documentato l’aggressione al medico che, per la tutela della privacy, non aveva voluto rendere nota l’identità di una donna refertata in precedenza per un incidente stradale. Alle immagini si aggiungono le testimonianze delle persone presenti in quei minuti nel Pronto soccorso.
Cappadonna dovrà rispondere dei reati di lesioni aggravate, violazione di domicilio, interruzione di pubblico servizio e minacce a pubblico ufficiale. Dovrà aspettarsi una punizione esemplare non appena si concluderanno tutte le indagini.
Sì, perchè non è finita. Altro soggetto sotto l’occhio della magistratura è infatti Salvatore Di Maggio, l’operatore del 118, che ha aiutato Cappadonna. In conferenza stampa è emersa la meraviglia che ancora non sia stato presi alcun provvedimento amministrativo nei suoi confronti da parte dei dirigenti del servizio sanitario di urgenza ed emergenza medica. Il procuratore, con la serietà che sta dietro ad un tono ironico Ha detto:”Forse aspettano proma l’esito dell’inchiesta penale”. Che timore possono avere i dirigenti? Chissà perchè ci è passato per la mente quanto accadeva qualche decina di anni fa , quando i parasanitari che giravano per i nosocomi catanesi avevano tutti un discutibile pedigrì. Ed infatti il prociratore Zuccaro ha aggiunto:” Visto il tipo di servizio pubblico che fanno dovrebbero avere ben altre qualità e senso di responsabilità”.
Ma non finisce quì. L’indagine è stata estesa anche alle due guardie giurate in servizio per non essere intervenute a sedare l’aggressione e per non aver avvisato tempestivamente le forze dell’ordine di quello che stava accadendo. Anche all’azienda che gestisce il servizio di sicurezza verrà chiesto con quale criterio sceglie il personale destinato a compiti così delicati come quelli da espletare in una struttura sanitaria, dove, lo ripetiamo, casi di aggressione si ripetono con una certa frequenza.
Organizzazione dell’ospedale, quindi, selezione del personale, indispensabili. Certo, alla base, c’è l’assenza totale di rispetto della legge da parte dei componenti dell’aggressione che hanno eseguito il “raid punitivo” come risposta all’affronto del medico di essersi opposto alla loro richiesta. Forse la punizione esemplare che verrà fuori da questo episodio potrà indurre a comportamenti più legali quanti si presentano al pronto soccorso. E naturalmente un pò di freno alla presenza dei parenti.