“Viviamo in un paradosso: per lavorare con Comuni morosi nei nostri confronti anche per centinaia di migliaia di euro, dobbiamo dimostrare di non avere una posizione contributiva morosa. E per farlo non possiamo pagare gli stipendi“.
Lo sfogo è di Adonella Faraone, amministratrice della cooperativa Delfino di Catania, che gestisce servizi socio-sanitari in tutta la Sicilia per conto di varie amministrazioni pubbliche.
“Lavoriamo a 360 gradi in ogni campo, dall’assistenza agli anziani ai servizi di autonomia e comunicazione nelle scuole – racconta Faraone –, ma la costante è spesso la stessa: le amministrazioni non pagano, spesso nemmeno dopo un anno“. Spesso, o forse sarebbe meglio dire “quasi sempre, anche con fondi teoricamente vincolati come quelli della legge 328 o dei fondi Pac”, secondo Faraone, per la quale i Comuni virtuosi, quelli che pagano le fatture “entro i sessanta giorni previsti” si contano sulle dita di una mano.
“Potrei citare tra i virtuosi Motta Sant’Anastasia e Aci Bonaccorsi, a esempio. Gravina ha quasi sempre pagato puntualmente, così come Belpasso. Ma adesso con questa amministrazione, che pur apprezziamo per il lavoro svolto, cominciano ad esserci problemi di pagamento”.
I soldi dei pochi creditori puntuali permettono alla cooperativa di pagare “i tributi e i contributi ai nostri circa 140 soci-lavoratori, anche quando altre amministrazioni non pagano, come quella di Aci Sant’Antonio per fare un esempio: non ci ha ancora pagato servizi già conclusi da tempo”. Sulla carta, dunque, le cooperative come Delfino non hanno problemi. “Ma in questo sistema c’è un paradosso, perché gli stipendi ai nostri dipendenti dobbiamo posticiparli: ogni entrata serve per poter dimostrare alle amministrazioni nostre creditrici che possono pagarci il dovuto con mesi o anni di ritardo”. Senza l’attestazione del pagamento dei contributi, il cosiddetto “Durc pulito”, come previsto dalla normativa, non possono infatti nemmeno avvenire i pagamenti delle vecchie fatture. Una situazione che per l’amministratrice di Delfino “è un circolo vizioso, che riguarda chiunque lavori con le pubbliche amministrazioni in tutti i settori. Ma che forse si potrebbe spezzare distinguendo le posizioni contributive per Comune”, afferma Faraone.
L’idea, sulla quale Faraone ha già avuto “un riscontro favorevole sulla fattibilità da un noto e stimato amministrativista catanese”, sarebbe quella di bloccare il pagamento dei contributi solo per l’area interessata al servizio, possibile attraverso i codici comunali già oggi presenti. “Per farlo servirebbe solo la volontà politica: un accordo con Inps permetterebbe anche di sospendere i servizi in quei Comuni che non pagano chi materialmente espleta il servizio”. La questione, per la quale Faraone ammette di non avere per il momento “ricevuto nessun riscontro politico”, è stata posta al vaglio delle centrali cooperative AGCI, Confcooperative, Legacoop, Unicoop e UNCI in una riunione avvenuta lo scorso lunedì. “Nella riunione si è deciso di mandare intanto una diffida verso tutte le amministrazioni che lavorano nell’illegalità – afferma Faraone –, perché in teoria dovrebbero dare, subito dopo il pagamento degli stipendi ai propri dipendenti, la priorità al pagamento delle cooperative sociali con somme vincolate”.
Una soluzione come quella proposta permetterebbe però di dirottare da subito le somme al pagamento degli stipendi dei lavoratori. “La situazione di migliaia e migliaia di lavoratori delle cooperative è drammatica.
Da noi c’è chi va alla Caritas per mangiare, chi ha dovuto richiedere somme agli usurai.
I sindacati giustamente fanno il loro lavoro, chiedendo il pagamento degli stipendi, ma non dipende da noi. Dall’altro lato le banche, sapendo che vantiamo crediti verso certi Comuni come quello di Catania che inserisce le somme a noi dovute come debiti fuori bilancio, non ci concedono più nemmeno anticipi di fatture. Siamo stretti in una morsa”, conclude Adonella Faraone.