Non è più un “mistero” “Diva Agatha”, la composizione di Matteo Musumeci che in prima assoluta mondiale, è stata eseguita al teatro massimo Bellini, al contrario è una rivelazione.
Al primo impatto con il pubblico ha riscosso un successo più che lusinghiero come attestano i lunghi applausi alla fine, ma anche i numerosi altri che, nel corso dell’esecuzione, hanno sottolineato le perfomance dell’orchestra, diretta da Antonino Manuli, del coro del teatro, diretto da Ross Craigmile, del coro dell’istituto musicale Vincenzo Bellini, diretto da Carmelo Crinò, del mezzosoprano Josè Maria Lo Monaco e del maestro Alfio Antico, ai tamburi a cerchio.
“Diva Agatha”, quest’anno certamente sarà l’omaggio più devoto che i catanesi faranno alla santa patrona della città di Catania. Il testo di Massimiliano Costantino, infatti, con i suoi passaggi lirici e drammatici, dall’invocazione al mistero, dal rapporto di Agata con il suo popolo alla processione (A taliatila quant’è bedda!\Avi n’annu ca na viremu!\Avi du occhi ca paruni stiddi!\Avi na vucca ca pari na rosa!\Cittadini!Evviva Sant’Aita!), dalla tentazione al processo e al gloria finale, ha consentito a Matteo Musumeci di estrinsecare il suo estro creativo abbinato alla grande padronanza che ormai ha acquisito nella composizione.
Stavolta non si trattava di colonne sonore e tuttavia da “Diva Agatha” viene fuori una alternanza di proposte e di temi conduttori, che hanno trovato la piena empatia con il pubblico, ora sinfonicamente dispiegati, talaltro contaminati dalla maestria di Alfio Antico che non solo fa vibrare i suoi tamburi rotondi ma li fa dialogare con l’anima di chi ascolta. Dal suo ingresso dal fondo della platea si è fatto seguire con sempre maggiore coinvolgimento fino al suo “a solo” accanto al direttore Manuli, mentre il primo violino Vito Imperato e la prima tromba, Gioacchino Giuliano lo ascoltavano ammirati.
Ed al successo ha contribuito il mezzosoprano Josè Maria Lo Monaco, voce calda, che arriva chiara e densa di pathos, dalla tentazione alla sofferenza del martirio all’incrollabile fede in Cristo Gesù, perfetta interprete e traduttrice delle intenzioni musicali di Matteo Musumeci e teatrali di Massimiliano Costantino.
Matteo, affiancato dalla sua Claudia, ha avuto un pubblico di intenditori, registi, attori, presentatori. Non poteva mancare il padre, Tuccio Musumeci. Ed anche Pippo Pattavina con la moglie Mariella. Ed ancora il regista Ezio Donato. Di straordinaria simpatia, prima dell’ingresso al teatro dove ad accrescere la simbologia stazionava una candelora, la disponibilità di Salvo La Rosa che assieme a Matteo ha dovuto cedere alle richieste di fare una foto assieme a portatori e vigili urbani, a testimonianza della popolarità abbinata all’affetto ed alla stima professionale che ancora i catanesi, e non solo, hanno per lui.
Ed anche se Matteo Musumeci, Massimiliano Costantino e Josè Maria Lo Monaco, sono catanesi, mentre Antonino Manuli è messinese, Alfio Antico è siracusano, e Ross Craigmile è gallese, si parlava tutti un unico dialetto. Ad eccezione, fra il pubblico, di un nucleo familiare cinese, naturalmente numeroso, che, tra la curiosità generale, ha assistito a Diva Agatha.
Il soprintendente Grossi, il direttore artistico Nicolosi, il coordinatore del comitato della Festa di S. Agata, Marano, hanno avuto la giusta intuizione di affidare a Matteo Musumeci la creazione di un’opera originale. Non si tratta di cera (d’autore o meno, forse qualcuno ricorderà Pomodoro), né di fuochi d’artificio, fiori o illuminazione. Diva Agatha resterà patrimonio dei catanesi, da replicare, se si vuole, ad ogni ricorrenza.
In prima fila, ad assistere, l’arcivescovo Gristina e numerose autorità civili e militari, che hanno voluto testimoniare, ancorché non catanesi di essere comunque “cittadini, tutti devoti, tutti”.