Beppe Montana: quale miglior modo di ricordarlo se non attraverso le testimonianze di due suoi compagni di viaggio, Marcello Cardona, attuale questore di Catania, e Roberto Pennisi, magistrato della Direzione nazionale antimafia. L’iniziativa dell’associazione Alumni Iurisprudentiae universitatis catanensis, presentata dal prof. Roberto Pennisi (omonimo del magistrato), ha visto anche gli interventi della prof.ssa Anna Maria Maugeri e del procuratore della repubblica di Catania Carmelo Zuccaro, coordinati dal prof. Enzo Zappalà.
Marcello Cardona ha ricordato gli anni trascorsi a Catania con Beppe Montana. Erano compagni di stanza ed entrambi seguivano il primo corso di formazione per funzionari di polizia attivato dopo “l’uscita dalle caserme”. Insomma cominciava il percorso di laicità della polizia di stato.
“Montana – ha ricordato Cardona – era più grande di cinque anni, ed era un leader. Gioioso, vestiva un pò sui generis, simpatico. Ed aveva due doti fondamentali: una grande professionalità ed una straordinaria capacità di seguire una pista per pervenire alla cattura di criminali, in particolare di mafiosi“. “Se fosse ancor in vita – ha aggiunto Cardona – mi sarei augurato di vederlo questore di Catania al posto mio”.
Anche il magistrato Roberto Pennisi ha avuto un rapporto di grande amicizia con Beppe Montana. E ricorda che, quando era al tribunale di Siracusa, Montana venne da lui per avere un supporto per la cattura di due mafiosi (lentinesi che gravitavano nell’ambito criminale catanese) che avevano fatto parte del commando di killer per uno dei tanti assassini di uomini della legge ( magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine), ma anche di politici ed esponenti mafiosi, a Palermo.
“Montana – ha sottolineato Pennisi – non si fidava degli ambienti investigativi e giudiziari di Catania. Mi venne a trovare l’ultima volta tre giorni prima del suo assassinio, il 28 luglio del 1985, a Santa Flavia. E ricordo con rabbia quanto dettomi dai suoi parenti ai quali un quotidiano rifiutò il necrologio perché riportava la frase “assassinato dalla mafia”.
Ed anche Pennisi ha sottolineato la professionalità di Beppe Montana che volle ritornare nella sua Sicilia (era nativo di Agrigento) per lottare non solo la mafia che parlava in dialetto, ma soprattutto quella che parlava in lingua italiana. Dopo la sconfitta dei corleonesi e della loro teoria dello scontro armato con lo stato, oggi la mafia è cambiata, si è camuffata, va ricercata nel mondo finanziario, nell’economia illegale che uccide quella legale. Ed a proposito di Montana questore a Catania, Pennisi, in difformità da Cardona, ha detto no, lasciando spazio ai presenti di pensare le possibili motivazioni. E Cardona, incalzando, ha confermato la sua opinione:“Con il procuratore Zuccaro, Montana ci sarebbe stato bene”.
La prof.ssa Maugeri ha approfondito proprio il tema del contrasto alla criminalità con riferimento ai patrimoni accumulati. Una misura di prevenzione sicuramente è quella della confisca. Vi sono alcuni reati spia, come la bancarotta o l’evasione fiscale che fanno individuare sproporzionate consistenze patrimoniali. Come si sono formate? Spesso sono l’investimento dei proventi di attività criminali, come il traffico e lo spaccio di stupefacenti. Bisogna però stare attenti nella confisca. Una cosa sono i beni patrimoniali (appartamenti, auto, yacht), un’altra cosa sono le aziende. Se non si vuole cadere nel rischio che si dica che lo stato distrugge il lavoro invece di crearlo (cosa che è accaduta a Catania qualche anno fa con i cavalieri del lavoro), bisogna intervenire risanandole dalla matrice mafiosa e farle rifunzionare se effettivamente sono aziende produttive.
Per il procuratore Carmelo Zuccaro è fondamentale il risveglio della coscienza civile se si vuole veramente dare una svolta alla società. Due sono le cose che più lo preoccupano da magistrato: la corruzione nella pubblica amministrazione e la criminalità imprenditoriale. Gli imprenditori criminali tolgono spazio all’economia sana che è l’unica che produce lavoro diffuso. Ed il lavoro allontana dal crimine. Ma ci sono comportamenti anche nella pubblica amministrazione che lasciano perplessi. L’agenzia per i beni confiscati alla mafia, per esempio, non funziona come dovrebbe. Il comune di Catania ha richiesto l’elenco dei numerosi beni confiscati a Catania (che è in testa a questa speciale classifica in Sicilia) per assegnarli ad associazioni impegnate nel sociale: nessuna risposta. Per il procuratore Zuccaro non bisogna, però, abbassare la guardia. La criminalità tradizionale oppure economica, come pure la corruzione nella pubblica amministrazione, vanno perseguite per costruire una società sana per i giovani.