Sigonella, un uomo in guerra contro gli Usa

Carmelo Cocuzza è stato ingiustamente licenziato nel 2000, ma il governo statunitense continua a non rispettare le sentenze. Adesso ha avviato un sit-in di protesta: "Dormo in macchina per far rispettare i miei diritti e quelli di altre persone"

Protesta Cocuzza Sigonella
Il sit-in nei pressi della base di Sigonella
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Avevo una vita splendida. Ero una persona tranquilla. Adesso dormo in macchina per far rispettare i miei diritti e quelli di altre persone“. Carmelo Cocuzza, 50 anni, ha iniziato la sua battaglia nel 2000, quando viene accusato di aver falsificato il cartellino d’ingresso e viene licenziato dal suo posto di vetrinista all’interno di uno dei negozi della base di Sigonella. Da martedì ha iniziato un sit-in a oltranza davanti ai cancelli della struttura, “fino a quando non avrò ottenuto quanto mi spetta“.

Per la giustizia italiana il licenziamento di Cocuzza – che era stato assunto nell’ambito di un programma gestito dal governo Usa – è stato ingiusto. La sentenza della Cassazione risale al marzo 2014, ma nonostante gli esiti favorevoli dei tre gradi di giudizio il dipendente non è stato reintegrato, né ha ricevuto il risarcimento stabilito, gli stipendi non riscossi e i contributi previdenziali previsti. Due anni dopo, nel marzo di quest’anno, i legali di Carmelo Cocuzza avviano il pignoramento. La procedura subisce alcuni stop, causati dalla volontà del governo Usa di trovare finalmente un accordo. Ma gli incontri con i referenti dell’ambasciata non hanno successo.

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Si arriva a luglio e finalmente la vicenda sembra avere una svolta: l’ufficiale giudiziario entra in uno dei negozi di Sigonella e pignora beni per oltre un milione di euro. Nelle pagine Facebook dei lavoratori (civili e militari) che operano nella base militare scoppia il malcontento e in tanti si scagliano contro Carmelo Cocuzza. “Le critiche? Non mi interessano – replica – Io per colpa del loro governo devo continuare a darmi da fare, non ho un lavoro, devo sostenere spese legali“.

Il lungo iter continua a trascinarsi: dagli Stati Uniti arrivano una serie di provvedimenti di opposizione e l’ex lavoratore è costretto a tornare nelle aule giudiziarie. “Ho passato l’estate in tribunale – racconta – A ottobre il giudice doveva decidere la vendita, ma i loro avvocati hanno bloccato tutto e chiesto la conversione“, spiega Cocuzza. Ossia optare per il versamento di una cifra per riscattare i beni pignorati. “Sono state assegnate date e modalità di pagamenti, ma non le hanno rispettate“.

Uno dei cartelli esposti da Carmelo Cocuzza
Uno dei cartelli esposti da Carmelo Cocuzza

Per questo motivo l’uomo è tornato a protestare, con un sit-in permanente lungo la strada che conduce a Sigonella. “Sto tutto il giorno in strada, ogni tanto viene qualcuno a portarmi un caffè“, commenta. A sostenerlo “c’è soltanto la Cgil. Non si è fatto sentire nessun altro. Anche la prefettura di Catania è assente – specifica – nonostante le decine di lettere inviate“.

Perché oltre alla vicenda surreale che lo vede protagonista, per Carmelo Cocuzza c’è anche l’amarezza per il silenzio che viene dalle istituzioni italiane. E a ferire è anche la mancanza di sostegno da parte dei colleghi che tutt’ora lavorano nella base. “È scandaloso che tutti i lavoratori di Sigonella siano indifferenti – attacca – Il loro comportamento sta dicendo all’amministrazione americana che per loro va bene, che accettano di essere trattati così“. E conclude: “Sto protestando per una vicenda personale, ma se passa il messaggio che le sentenze non si applicano, è un segnale gravissimo per tutti“.

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