Rischio povertà, i timori dei catanesi per il futuro

Dopo la pubblicazione dei dati sul rischio povertà, la parola "incertezza" è quella che viene pronunciata maggiormente. Paura per una pensione che potrebbe non arrivare mai. Timore per un domani senza un lavoro. Ansia per le generazioni successive, costrette a contare solo sui genitori per poter affrontare la vita quotidiana

piazza duomo, Catania
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Carmelo sbuccia un mandarino seduto alla fermata dell’autobus in piazza Cavour, al Borgo.

Niura è“, sentenzia con una smorfia sul viso rugoso. “Ho 72 anni, una moglie, un figlio disoccupato, tre nipoti. E c’è solo una pensione. Niura è“, ripete. Il nucleo familiare dell’uomo sembra rientrare nella definizione di “rischio povertà” al centro dei dati Istat pubblicati pochi giorni fa: “Grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro“.

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Secondo l’Istituto nazionale di statistica, il Mezzogiorno è l’area nella quale la percentuale di persone in maggiore difficoltà supera il 46 per cento.

Non c’è lavoro, non ci sono servizi e tutto quello che guadagniamo sparisce già dopo due settimane“, si infervora Maria Cristina. “Altro che rischio povertà – sostiene – arrivare alla fine del mese è un miracolo“. Per qualche anno la donna è stata operatrice in un call center, “adesso aiuto una signora anziana, faccio la badante. È l’unico posto che ho trovato, sono fortunata ad avere un altro stipendio oltre a quello di mio marito. E speriamo che non succeda nulla a lui! – esclama – Ho due figli, ma sono rassegnata. Se ne andranno fuori per trovare qualcosa. A Catania non c’è più niente“.

All’ombra dell’Etna non sono rari i casi in cui è impossibile mantenere quell’impiego faticosamente trovato. Il motivo, a volte, è la mancanza di un sistema di welfare efficace. “Lavoravo in un’agenzia di viaggi. Poi sono rimasta incinta e non potevo lasciare mio figlio“, racconta Martina. “Mia madre è anziana, mia suocera vive lontano. Dobbiamo accontentarci di un solo stipendio“. Le spese, con un bimbo di pochi mesi, non mancano. “Prima riuscivamo a concederci qualche viaggio, qualche serata fuori a mangiare. Adesso è tutto più difficile“, sospira sistemando meglio le buste agganciate al passeggino.

Ho fatto volantinaggio e consegne di pizze. Poi ho provato a fare il porta a porta, ma non era cosa per me. Come l’università“, ride Massimo. Il volto pulito di chi ha appena preso il diploma, allarga le braccia quando pensa al futuro. “Mio padre alla pensione forse ci arriverà – riflette – io sono sicuro che non ne avrò una. Mai. Non so cosa succederà domani

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