“Ci sentiamo abbandonati, senza prospettiva. Vedo dell’accanimento contro di noi in questa vicenda e mi chiedo il perché”.
Margherita Patti, segretaria confederale della Cgil, parla mentre attorno a lei si raccoglie l’ennesimo sit in dei dipendenti Myrmex. Per circa 80 lavoratori, tutti provenienti da Catania e dall’hinterland, il futuro professionale e personale è appeso a un filo dal 2011, quando il laboratorio etneo e il pacchetto di collaborazioni con il ministero dell’Istruzione viene ceduto dalla multinazionale farmaceutica Pfizer a Gian Luca Calvi. Da allora, per il centro di ricerca scatta un lento e inspiegabile declino che ha portato alla cassa integrazione per i dipendenti.
“Ormai con la dirigenza Myrmex non c’è alcun rapporto”, afferma Patti, che ha lavorato come ricercatrice nel polo di eccellenza della zona industriale per 26 anni. “La sede è sbarrata, non abbiamo più accesso”. Oggi la protesta si svolge davanti la sede della Regione: “Vogliamo incontrare Rosario Crocetta, vogliamo un tavolo ufficiale con il presidente”, scandisce la sindacalista.
Sulla testa degli ormai ex lavoratori pende una scadenza importante: dal mese di febbraio finiranno gli ammortizzatori a sostegno dei disoccupati.
“Come faremo ad aspettare? – si chiede – Ci vediamo messi alla porta, dopo anni di studi. Troppo giovani per la pensione, troppo vecchi per rientrare alla ricerca di lavoro”.
Nemmeno Pfizer prende in considerazione i curricula dei suoi ex dipendenti. E continua: “Ci sono persone costrette a tornare a 55 anni dai genitori e contare sulle loro pensioni, ci sono famiglie non hanno più prospettiva”.
“Chiediamo che tutte le istituzioni ci supportino – prosegue riferendosi anche al Comune – La Regione ci dice che sta facendo trattativa con la dirigenza, ma restano solo parole. Non c’è alcuna esecutività”. Una timida speranza era sorta dopo un colloquio tra il presidente Crocetta e il rettore dell’ateneo di Catania Giacomo Pignataro, “ma era un impegno verbale, nulla di concreto – chiarisce Margherita Patti – Eppure noi potremmo essere un valore per l’università, abbiamo il know-how”.
Al proverbiale danno si unisce la beffa: la prima udienza della causa civile che dovrebbe fare luce sull’acquisizione di Myrmex è stata spostata al 28 settembre 2017. Inoltre i macchinari, “che valgono circa 60 milioni di euro“, restano sigillati all’interno dello stabilimento. “Il laboratorio sta lì a degradarsi – riflette Margherita Patti – Avevamo ottenuto fondi europei e collaborazioni con il Miur. Milioni di euro diventeranno obsoleti. Ma a nessuno importa più nulla”.