Pippo Pattavina è il protagonista di “Il piacere dell’onestà” di Pirandello, con la regia di Antonio Calenda, al teatro Stabile di Catania.
Verità vs apparenza: uno “sforzo di pensiero astratto”, per dirla con Gramsci, attraverso il quale ancora una volta Pirandello denuncia tutta l’urgenza di riscatto dalla menzogna e dalla corruzione, la tara che già nel Secolo breve corrodeva il ceto borghese.
È la lezione che il Girgentano affida a Il piacere dell’onestà, titolo che il Teatro Stabile di Catania sceglie per inaugurare la nuova stagione nel segno del risanamento finanziario e gestionale.
Per Pippo Pattavina è l’occasione per debuttare nel ruolo di Baldovino, che fu di Ruggero Ruggeri alla prima rappresentazione al Teatro Carignano di Torino nel 1917, suscitando appunto l’ammirazione di Antonio Gramsci. L’odierno nuovo allestimento, in scena alla Sala Verga dal 22 novembre al 4 dicembre 2016, è realizzato dal Teatro Stabile di Catania in coproduzione con il Teatro Stabile di Napoli. Le scene ed i costumi sono di Domenico Franchi e le musiche di Germano Mazzocchetti. Il cast degli interpreti annovera Debora Bernardi, Valentina Capone, Fulvio D’Angelo, Francesco Benedetto, e ancora Marco Grossi, Santo Pennisi, Giulia Modica.
La tematica del plot in tre atti, ispirati a Pirandello dalla sua novella “Tirocinio” del 1905, pone interrogativi etici ed esistenziali, come evidenzia Antonio Calenda nelle note di regia: «Un uomo di magrittiana memoria, metafisico simbolo di un Novecento in cerca di riscatto, irrompe sulla scena di un dramma piccolo borghese, portando nella sua borsa l’arguzia di una logica disarmante e aliena al senso comune. È chiamato dalla sorte a salvare un’onestà, a divenire l’onesto marito di una giovane e l’onesto padre di un nascituro, illegittimo frutto di una passione clandestina. A questo infame patto stretto con l’amante della giovane e avallato dal complice silenzio della madre, egli porrà una sola condizione: il rispetto rigoroso di un’onestà formale ma assoluta. “Onesto io, onesti tutti. Per forza!”. Ma è possibile incarnare un ideale di onestà senza rinunciare all’umanità del sentire, alle pulsioni della carne che urla le sue ragioni? Quando la forma serve solo a mascherare le bestialità dell’essere umano non è che convenzione sociale. Ma se un uomo decide , portato dalle circostanze, di divenire sostanza di quella forma, cosa accade? Come interagire, in un universo umano regolato dalle ipocrisie, con l’integrità, con la coerenza, con l’autentica onestà?»
Ed ecco che le contraddittorie posizioni stentano a comporsi in un equilibrio troppo precario, qual è quello del falso matrimonio, che in Pirandello ricorre pure in “Pensaci, Giacomino!” e in “Ma non è una cosa seria”.
«I personaggi del dramma – sottolinea ancora Calenda – si troveranno dinanzi alla manifestazione inedita della Santa Onestà, ideale incarnato nella rettitudine di pensiero e azione di un uomo redento. Ecco che il bestiario umano descritto da Pirandello impazzisce dinanzi a questo “inconveniente” e finisce per subirlo come una sorta di sciagura. L’onestà soffoca, toglie libertà, non permette scelte libere. L’onestà dà nomi importanti a cose e persone, chiama a scelte di responsabilità, costringe a svelare la profonda natura di se stessi. E mentre il piccolo arguto ragionatore si trasforma nell’uomo padrone del proprio destino, le maschere dei caratteri grotteschi, dalla madre afflitta per la povera figliola, all’infelice innamorato osteggiato dalle circostanze si frantumano svelando una bestialità ancora più feroce e dominata da logiche insensate. La stessa scelta di integrità di Baldovino, il protagonista, finirà per risultare mostruosa, compiaciuta, a tratti crudele proprio perché rigorosa e inconciliabile con un universo sociale governato dalla tacita legge delle apparenze. Ma la finzione, anche se suprema non potrà durare a lungo».
Fino a quando l’azione precipita, le apparenze si squarciano, le maschere cadono: «La bestia umana – conclude Calenda – tornerà a camminare lungo il precipizio delle proprie debolezze e solo allora si svelerà la sua natura profonda. Sarà Agata, la giovane dapprima apparsa come una fiammata di vita scomposta nella sua passione disperata, poi perduta in una riflessione tutta interiore, a trasfigurarsi attraverso la maternità in colei che farà infine la scelta di autentica onestà. In nome di questa sarà pronta a qualunque sacrificio e questo renderà possibile una vera redenzione del piccolo uomo, Baldovino reso grande non dall’astrazione di un ragionamento ma nella carne della sua scelta di paternità. Oggi più che mai questo titolo, “Il piacere dell’onestà”, risuona presago di un riscatto urgente, un seppur evanescente sollievo che preluda a un cambiamento reale in un tempo in cui la corruzione è amara cifra del nostro presente».